Andrew Golding è stato il co-fondatore dei Wolfhounds, indie-pop band londinese nata nel 1985 e che ha scritto una piccola porzione di storia della musica indipendente inglese degli anni ottanta, facendo parte della ormai famosissima cassetta C86 pubblicata nel 1986 dal NME che raccoglieva brani di band emergenti. I Wolfhounds si sciolsero nel 1990 ma sono vivi e vegeti dopo la reunion del 2005, due album già  pubblicati ed uno in fase di registrazione e presto in arrivo. Dragon Welding è il moniker e pure anagramma scelto da Golding per il suo progetto personale e che da pure il titolo al suo debut album. “The Builders” è il singolo che ha preceduto l’album, è un brano ipnotico, un rock sperimentale che per via del ronzio di fondo e la base ritmica ripetitiva viene spesso associato agli Stereolab. Il tema trattato è quello della gentrificazione delle città , un argomento molto trattato ultimamente nei testi di quelli che vengono definiti gruppo o artisti “impegnati”. Il video è animato dallo stesso Golding che già  ne aveva girati per i Wolfhounds ma mai in versione “animata”.

L’album risente di molte influenze, Golding sembra aver raccolto varie idee tramutandole in musica e di conseguenza in brani (undici per la precisione, anche se “Dirty Stick” e “Solidaritè” sono dei preludi) che richiamano i suoni dei Wolfhounds o dei successivi Moonshake (che ricordiamolo avevano come fondatore ed ispiratore David Callahan, l’altro leader dei Wolfhounds) fino ad un classico indie-folk (Bucket List No. 1 e Bucket List No. 2). I brani furono scritti all’epoca di “Untied Kingdom”, l’ultimo album dei Wolfhounds. Dovendosi spostare per lunghi viaggi in treno ed aereo Golding ha sfruttato il tempo del tragitto scrivendo brani sullo smartphone utilizzando loop di chitarra e basi di una batteria giocattolo (questa speriamo la tenesse nel soggiorno di casa!) registrate sempre utilizzando l’applicazione di garageband. Il lavoro finale è stato raccogliere i suoni e mixarli con la collaborazione di Ant Chapman.

Anche la figlia Alice partecipa con la sua voce, la possiamo ascoltare in “One Miserable Summer” momento acustico e quieto con chitarra e piano a giocarsela in una sfida narcisistica in un brano dolcissimo che pare una macabra ninna nanna. Troviamo brani con un ritmo più sostenuto come la successiva “These Are Dangerous Times” con la chitarra acustica protagonista nella prima parte del brano e poi raggiunta da quella elettrica in una corrente che ci trascina come un fiume in piena. Il ritmo rimane alto con “Join The Dots”, uno dei miei pezzi preferiti, non lo nascondo, con il gracchiante solo di chitarra a tenerci chiusi in questa irreale sala da ballo dove dar sfogo ai nostri istinti, anche quelli animali, in un ipotetico salto in un mondo primordiale. “The Dump” cala d’intensità  in un suono ambient ed elettronico ipnotico ed angosciante. Non mancano le parentesi strumentali come “Slap”, con atmosfere orientali con bonghi e chitarre nervose che di certo non aiutano la meditazione. L’album si chiude con un lamento di otto minuti che consiglierei   solo ai fanatici della Cosmic Music, scusatemi ma, per quel che mi riguarda, insopportabile.

L’album offre momenti che sanno emozionare, si respira aria di krautrock in questo disco che non dispiacerà  ai fan del genere.