di Koc

Il “Professore e il Pazzo” è un film molto bello, per merito soprattutto della straordinarietà  della storia, talmente coinvolgente ed appassionante da sembrare inventata; invece, è assolutamente vera.

Nel 1879 la Philological Society di Londra decide di riprendere il lavoro all’Oxford English Dictionary, il dizionario della lingua inglese: un lavoro immane, iniziato più di vent’anni prima e che si è dimostrato essere estremamente difficile, poichè già  prima del novecento l’inglese si parla in vari punti di tutto il pianeta, con le relative sfumature date dalla distanza dei parlanti.A ricominciare l’impresa viene chiamato Sir James Murray (Mel Gibson), un autodidatta dalla cultura linguistica immensa, ma non laureato e – per questo ““ visto con estrema diffidenza da parte dei professori di Oxford. Murray ha subito una idea fantastica, ciò che oggi chiameremmo “crowdsourcing“: scrive una lettera che fa circolare in tutti i possedimenti ed ex tali dell’impero britannico, in cui chiede il contributo lessicale da parte di volontari, con tanto di spiegazione ed etimologia dei singoli lemmi.

E qui la storia si accende, basata sui rapporti binari tra quattro persone. Tra Murray e il chirurgo William Minor (Sean Penn). Minor ha fatto il medico nella guerra di secessione americana: quel che ha visto lo ha fatto impazzire; finito chissà  come in Inghilterra, durante uno dei suoi deliri uccide un passante, lasciando vedova una donna con sei figli, Eliza Merrett (Natalie Dormer). Minor viene rinchiuso nel manicomio di Broadmoor. Un giorno riceve una delle copie della lettera di Murray e, per passare il tempo, manda centinaia di biglietti con molti lemmi al curatore del dizionario. Un aiuto straordinario per Murray, che incontrerà  Minor solamente diversi anni dopo, restando nel frattempo all’oscuro della sua condizione.

Intanto, Minor cerca di farsi perdonare dalla vedova, offrendole soldi e dimostrandosi uomo di grande sensibilità , tanto che Eliza alla fine si innamorerà  di lui. Piuttosto, non mi ha convinto la presentazione della relazione tra Murray e la moglie. Mel Gibson, un cattolico fondamentalista (ricordate la sua “Passione di Cristo”?), doveva essere il regista del film, ma poi le cose sono cambiate. Ha comunque potuto mettere lingua su certi aspetti della sceneggiatura: e si vede come abbia vinto lui nel plasmare la figura della moglie Ada (Jennifer Ehle): praticamente una martire santa, che segue il marito ad Oxford, sacrificando la propria vita per i figli e l’impresa del marito, senza mai un dubbio o un litigio, e prendendone le difese in prima persona con i cattedratici dell’università , che odiano il marito.

Il quarto rapporto umano principale è quello tra Minor e il Dott. Brayne (Stephen Dillane), questo molto ben presentato, perchè all’inizio possiamo notare i metodi umani da parte del medico verso il paziente, che ““ schizofrenia a parte ““ è riconosciuto da Brayne come una grande persona. Ma, alla fine, in seguito all’ennesima crisi di Minor, Brayne abbandona l’umanità  ed inizia a trattare la malattia dell’ex chirurgo con draconiana violenza, decretando sostanzialmente la fine mentale dell’uomo.

Personalmente, ho apprezzato tantissimo questo lungometraggio: immaginate quanto sia difficile rendere avvincente una storia di due ore sostanzialmente basata su una enormericerca lessicale. Difetti? Sì, a parte la santificazione della moglie di Murray, continuo ad odiare la steadycam non ammortizzata; il regista, probabilmente spaventato dalla possibile lentezza della trama, ci propina scene mosse per più di metà  del film”… e, insomma, basta. Nei film odierni, se non sono di guerra, si possono anche fare le inquadrature fisse, senza costringere lo spettatore ad uscire dalla sala tutte le volte con il mal di mare.

Ritornando ai lati positivi, aggiungo l’eccellente prova di un Sean Penn, che alla fine della storia arriva un po’ a gigioneggiare, ma che si dimostra una spanna sopra agli altri pur bravi attori. Sua la splendida frase, pronunciata in manicomio, di una pellicola da promuovere: “Quando leggo, volo via da qui“.