di Stefano Bartolotta

In quest’epoca dominata dai social, le cui dinamiche indirizzano più che mai il gusto del pubblico e determinano i successi di un progetto musicale, c’è ancora spazio per un percorso alla vecchia maniera, quello che prevede la pubblicazione di dischi e, nel periodo tra uno e l’altro, fare una sola cosa, ovvero suonare dal vivo, sempre e comunque, in qualunque contesto possibile e immaginabile. Ronald James Gallo III, da Philadelphia, terminata l’esperienza con i Toy Soldiers, si trasferisce a Nashville, realizza un disco, ci mette due anni a farlo uscire, mette insieme una band e inizia a suonare, suonare e ancora suonare in ogni angolo degli Stati Uniti d’America. Ai social sta attento il giusto, e più che altro li usa per cazzeggiare con le instagram stories, ma qualcuno si accorge di lui, le dimensioni dei concerti in Patria aumentano e parte un breve tour europeo. Col tempo, le apparizioni nel Vecchio Continente si fanno sempre più frequenti, i dischi continuano a uscire a non troppa distanza, ed ecco che, a poco più di due anni dalla pubblicazione di quel primo album, Ron è un nome che attira al Magnolia un pubblico non certo oceanico, ma nemmeno sparuto.

Il bello è che è proprio la dimensione live quella perfetta per il repertorio di Ron, ma ovviamente molti dei presenti stasera non lo sanno, visto che nella data sempre al Magnolia dello scorso giugno c’era sicuramente meno gente. E dopo questo concerto, il passaparola sarà  sempre più forte, e alla prossima apparizione in città , saranno in tanti a dire “andiamo a vedere Ron Gallo perchè è dal vivo che lui e la sua band danno il meglio” e ci sarà  un pubblico sempre più ampio. Forse sto esagerando, ma più passa il tempo e più viene voglia di scommettere su questo progetto. Tra l’altro, qui in Europa, Ron si fa accompagnare solo dai fidi bassista e batterista, mentre negli Stati Uniti, la band è più ampia, quindi, se la popolarità  aumenterà , e i cachet di conseguenza, potremo assistere a uno spettacolo diverso e più completo la prossima volta.

Se avete ascoltato “Stardust Birthday Party”, l’ultimo album dello scorso autunno, saprete che gli elementi ulteriori rispetto al classico triangolo rock non mancano, ma l’abilità  del trio sul palco è proprio quella di non farne sentire assolutamente la mancanza, grazie a un suono che è il paradigma dei concetti di compattezza e tiro. Del resto, se passi oltre due anni della tua vita a suonare sempre con le stesse persone, l’effetto è questo, però è sempre un enorme piacere ascoltare la serrata sequenza delle canzoni in un perfetto equilibrio tra schiettezza e sfumature sonore in cui perdersi. Le spigolosità  degli arrangiamenti vengono riproposte in versione ovviamente più chitarristica, ma sono sempre lì, è c’è sempre l’abilità  da parte dei musicisti a far sì che il “contorno spigoloso” racchiuda al proprio interno un forte dinamismo ritmico e negli accordi.

La setlist, a differenza dell’anno scorso, è incentrata prevalentemente sull’ultimo disco, e anche le rare canzoni del passato vengono riviste alla luce dello stile dell’ultimo lavoro, il che fa guadagnare punti al risultato finale ad esempio in “Really Nice Guys”, ma fa perdere qualcosa in “Put The Kids To Bed”, nella quale personalmente mi è mancato il riff “a mitraglia” caratteristico della canzone. La scelta è comunque giusta se si guarda allo show nel complessivo, perchè l’idea di sfoderare tutti i brani con le stesse caratteristiche stilistiche di base è vincente, visto che la natura degli stessi fa sì che, in realtà , ognuno mantenga la propria identità , e così si vince sia dal punto di vista della coerenza, che da quello della varietà . L’unico episodio del passato proposto come suona su disco è “Young Lady You’re Scaring Me”, canzone troppo apprezzata dai fan per stravolgerla.

Qualcuno ha avuto da ridire sull’atteggiamento distaccato di Ron sul palco, che ha dato l’impressione che il Nostro fosse lì solo a fare il proprio compitino e non vedesse l’ora di finire. Sono discussioni che ci saranno sempre quando manca l’espansività  nei confronti del pubblico, ma io dico che chi ci mette un impegno e una professionalità  simile nel suonare non può farlo solo perchè lo deve fare, e, anche se così fosse, lo fa comunque talmente bene che mi prendo ogni volta uno così piuttosto che chi mostra di divertirsi ma non suona con questo piglio e questa qualità .

Chiudo il resoconto menzionando con molto piacere la band di apertura, ovvero i Freez da Vicenza. Portatori di un rock n roll perfetto per la serata, questi quattro ragazzi dimostrano, nella mezz’ora a loro disposizione, di sapere comporre, suonare e cantare con ispirazione, qualità  e padronanza dei propri mezzi. Anche in questo caso, la proposta non è affatto piatta, ma le sfumature sonore e l’attenzione ai dettagli non mancano di certo. Per ora hanno un EP del 2017 e un singolo del 2018, ma dal palco hanno detto che a breve arriverà  qualcos’altro: il consiglio è quello di seguirli e cercare di andare a vederli dal vivo che ne vale davvero la pena.