Tutto sommato si sente di musicisti che tentano la carriera solista, forse stanchi di essere band, solito nome e aspettative da rispettare. La via solitaria può essere una soluzione e, ultimamente, sembra rendere i suoi frutti. Incipit doveroso per chi non conoscesse Alosi.

“1985”, disco d’esordio del cantautore siciliano, fa un bell’effetto per chi, come chi scrive, non era un grande fan de Il pan del diavolo. C’è una grinta decisa e determinante per spiccare senza portarsi dietro il fardello del “è quello che suonava con…”.

Il rock fa da perno centrale, un rock sporco, elettrico, con i testi sulla stessa lunghezza d’onda (“666” e “Imparare a cadere” tra le altre). Fanno la gradita comparsa i soli di chitarra, i rispettivi effetti, i riff riverberati (“Solo e teso”), la voce strozzata e dritta sulle orecchie, a spiccare sul resto.

L’affezione a questo genere di musica viene anche perchè sembra sempre che chi canta lo fa per liberarsi da un peso, per sfogarsi e ci si appassiona immedesimandosi su ciò che ascoltiamo. Alosi in questo dimostra tutta la sua maturità , anche grazie alle collaborazioni che lo hanno visto ai testi di molti artisti italiani. “La mia vita in tre accordi” un po’ rende l’idea “Non sto aspettando un miracolo, io sono qui. E se ogni tanto mi sento solo mi ricorda un ritornello […] Il cuore in mille frammenti da distribuire ai miei concerti”: chiaro, semplice e diretto. Questa è anche la canzone più singalong del disco e per smorzare basta ascoltare la canzone dopo, “Imparare a cadere”, tra le più riuscite in senso di ruvidezza rock, che non guasta mai.

Tuttavia, tra quelle che convincono di meno, rimane “Rumore”, a tratti ridondante, in un climax crescente che non porta a nulla. Rimanendo nella sezione ballad, spicca più “Di nuovo”, accompagnata da una base un po’ anni Novanta, ma precisa per l’occasione.

Uno dei punti di forza dell’album è che pur rientrando nella macro area che è il rock, non è mai ripetitivo. “Comete” e “1985” ne sono l’esempio per eccellenza. La title track è un inno al nuovo millennio, di come sono cambiati i tempi in più di trent’anni, con una vena malinconica.

Alosi ha tirato fuori un album “d’altri tempi”, caratteriale, diretto. Una vena rock che scorre oggi più che mai. La strada è quella giusta.