E se Rivers Cuomo – cantante, chitarrista solista e autore unico di praticamente tutti i brani mai prodotti dai Weezer ““ in realtà  non fosse nient’altro che un alter ego di Kurt Cobain? Qualche anno fa questa leggenda metropolitana, una delle più bislacche e inverosimili di tutta la storia del rock, iniziò a rimbalzare sui forum di mezzo mondo come una scheggia impazzita. Su Reddit se ne trova ancora qualche traccia: dibattiti, confronti tra fotografie e prove inconfutabili per dimostrare una “verità ” troppo a lungo taciuta.

Secondo i sostenitori di questa delirante tesi il frontman dei Nirvana, sempre più recalcitrante alla fama, nel lontano 1992 avrebbe deciso di ristabilire una sanità  mentale quanto mai in bilico cercando rifugio nella scena underground losangelina. Un modo come un altro per ritrovare gli stimoli, lontano mille miglia dagli odiatissimi riflettori. Neanche fosse una sorta di Clark Kent del grunge, a Cobain furono sufficienti un parrucchino a scodella e un paio di occhiali dalla montatura spessa per trasformarsi in un baleno nello sconosciuto Rivers Cuomo, un ragazzo timidissimo e poco appariscente cresciuto in una sperduta comunità  di hippie fondata da un santone dello yoga ““ un tale chiamato Swami Satchidananda ““ nella ridente cittadina di Pomfret, nel Connecticut.

Si tratta di una storia talmente ridicola da far sembrare credibile persino la ben più nota teoria sulla presunta morte di Paul McCartney, che almeno si basa su qualche argomentazione leggermente più solida”…se così si può dire. Eppure, da inguaribile complottista quale sono, per me è impossibile negarne il fascino. Perchè, in fin dei conti, un’ombra della pesantissima eredità  di Kurt Cobain nell’album di debutto dei Weezer c’è.

L’appeal melodico, il suono massiccio e saturo delle chitarre e una nota di indolenza sul fondo sono tutte caratteristiche riprese direttamente da “Nevermind”, un disco per il quale Cuomo ha nutrito e nutre tuttora una vera e propria venerazione: lo dice chiaramente in una canzone del 2008 intitolata “Heart Songs”. Ridurre una delle opere ““ voglio esagerare – più importanti e belle dell’alternative rock degli anni Novanta a una specie di riuscitissima scopiazzatura del capolavoro dei Nirvana sarebbe però assolutamente falso, oltre che ingeneroso.

Anche perchè nelle dieci tracce contenute in questo esordio tinto di blu c’è molto di più: la semplicità  del punk di scuola Ramones, l’orecchiabilità  contagiosa del power pop di Elvis Costello, la spensieratezza della musica leggera degli anni Cinquanta e Sessanta e, last but not least, l’energia dell’hard rock dei Kiss, autori di quel “Rock And Roll Over” che, per un Cuomo neanche adolescente, fu una vera e propria epifania; una folgorazione sulla via della chitarra elettrica.

Per troppo tempo il contenuto del “Blue Album” è passato in secondo piano rispetto ai due straordinari videoclip tratti dai classiconi “Undone – The Sweater Song” e “Buddy Holly”, entrambi diretti da uno Spike Jonze alle primissime armi. Non me la sento di biasimare chi, ancora oggi, di tanto in tanto fa una capatina su YouTube (o mette su il CD-ROM di Windows 95, se è amante dell’informatica vintage) per godersi i Weezer esibirsi sul palchetto dell’Arnold’s di “Happy Days” o circondati da un’orda di simpaticissimi cagnoloni.

In occasione di questo venticinquesimo compleanno, tuttavia, vi invito a riascoltare interamente l’opera ““ dall’arpeggio country folk che apre la vivacissima “My Name Is Jonas” al monumentale giro di basso che chiude in maniera magistrale gli otto epicissimi minuti di “Only In Dreams”. è l’occasione giusta per riscoprire e innamorarsi nuovamente degli irresistibili ritornelli di “No One Else” e “Surf Wax America”, della malinconia dal gusto emo di “The World Has Turned And Left Me Here”, del riff simil-hendrixiano di “Say It Ain’t So” (per non parlare dell’assolo, da brividi lungo la schiena), della nostalgia di “In The Garage” e delle sorprendenti armonie vocali nel bridge di “Holiday”: una gioia per le orecchie.

Poco importa che si tratti di roba vecchia ormai di un quarto di secolo: il “Blue Album”, almeno per quanto mi riguarda, rappresenterà  sempre una piccola isola felice dell’alt rock; giusto per restare in tema, un garage stracolmo di bei ricordi, nel quale andare a nascondermi ogni volta che mi sento demoralizzato ““ e a demoralizzarmi più di tutti al giorno d’oggi è proprio Rivers Cuomo, autocondannatosi a una mediocrità  al limite del comprensibile. Meglio non pensarci.

Weezer ““ “Weezer (Blue Album)”
Data di pubblicazione: 10 maggio 1994
Tracce:  10
Lunghezza: 41:26
Etichetta:  DGC Records
Produttore: Ric Ocasek

Tracklist:
1. My Name Is Jonas
2. No One Else
3. The World Has Turned And Left Me Here
4. Buddy Holly
5. Undone – The Sweater Song
6. Surf Wax America
7. Say It Ain’t So
8. In The Garage
9. Holiday
10. Only In Dreams