Omaggiare i favolosi ’50 e ’60 e l’epoca beat non è un’operazione nostalgica che guarda esclusivamente al passato, ma un modo per tramandare e aggiornare una cultura, un movimento di stimolante vitalità  artistica. Ecco cos’è il Festival Beat, una manifestazione artistico-musicale che si pone l’obiettivo di ritrarre un’epoca storica che ancora oggi testimonia e ripropone un fenomeno culturale che, a partire dagli anni ’50, ha contaminato tutte le arti conosciute segnando indelebilmente la fine del secolo scorso. E l’inizio di quello successivo. Nato nel 1993, è l’esempio più longevo di manifestazione sul tema in Italia e in Europa e porta sul palco quanto di meglio si possa trovare sulla scena sixties e le sue diverse forme di evoluzione musicale.

Quando parliamo delle Darts, stiamo mettendo sul nostro radar queste 4 fanciulle: Nicole Laurenne, Christina Nunez, Rikki Styxx, Meliza Jackson. Sulla loro pagina Facebook si definiscono “garage-psych-rock grrls” e la parola agguerrite non può che calzare loro alla perfezione. Il seguito del convincente debutto “Me.Ow.” (2017) si chiamerà  “I Like You But Not Like That” ed uscirà  per Alternative Tentacles nel corso del 2019.

Che cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo album? Beh, sicuramente un bel mix che va a pescare dagli anni ’60 e dalla popedelia, senza dimenticare chitarre taglienti e ottime melodie, ma anche trame più oscure e avvolgenti.

Alle fanciulle, che il 27 giugno saranno protagoniste al Festivalbeat di Salsomaggiore Terme, abbiamo quali sono i 5 dischi che più le hanno influenzate e che si porterebbero volentieri sulla classica isola deserta. Ecco la risposta di Nicole Laurenne….

Thee Tsunamis – Saturday Night Sweetheart. Questo album mi ha davvero ispirato a voler iniziare una band di sole ragazze. Amiamo quel gruppo, la voce irriverente, il lo-fi, i toni e gli arrangiamenti disordinati. Ascolto regolarmente questo disco. Non sono sicuro che la band sia ancora attiva, ma rappresentano praticamente tutto ciò che amo del garage rock. “Drag” è il mio pezzo preferito su questo disco. Gli squittii e le urla adorabili nella voce, le chitarre pesanti distorte, le voci con il botta e risposta nel backup…è la perfezione.

The Trashwomen – The Trashwomen vs Deep Space. Questa band è da sempre la preferita della nostra bassista, Christina, che vedeva regolarmente, per anni, al bar in cui lavora. Amiamo l’abbandono totale e l’atteggiamento “urlante”. Christina e io finalmente li abbiamo visti dal vivo, in un raro live al Burger Boogaloo, qualche anno fa. Nel momento in cui ho ascoltato “Batteries” dal vivo, sapevo che volevo farne una cover un giorno o l’altro. E così ora la facciamo a, quasi, ogni spettacolo! The Darts devono alle Trashwomen un enorme debito di gratitudine per “averci guidato” sin dall’inizio.

Ty Segall – Melted.
Quando stavo scrivendo i primi due EP, probabilmente ascoltavo questo disco quasi tutti i giorni. Tracce come “Girlfriend” dipingono un quadro fantastico, liricamente, senza essere troppo melodrammatiche o prendersi troppo sul serio. I toni della chitarra e la voce distorta sono sempre, sempre perfetti su ogni disco di Ty Segall, ovviamente. Ha impostato un nuovo livello per questo stile di musica e lo rende immediatamente accessibile al pubblico moderno. Adoriamo Ty!

LA Witch – LA Witch. Per me, questa band cattura il lato contorto e ossessionante del garage. Le voci sono dannatamente crude e talvolta anche un po’ monotone, ma sanno sempre ipnotizzare. Le chitarre sono ispirate agli spaghetti western ma hanno ancora un tocco moderno, i riff sono di buon gusto e non sovrastano mai le canzoni. Questo album è esattamente come guidare nel deserto di notte. “Kill My Baby” è probabilmente la mia canzone preferita di questo album di debutto, ma l’intero disco spacca.

The Ettes – Shake The Dust. Jim Diamond, che ha prodotto molti dischi per le mie band precedenti, aveva questo disco piazzato li sul tavolo del salotto quando eravamo a Detroit a registrare a casa sua, anni e anni fa. Ha dato un bel piglio e le cover hanno attirato la mia attenzione, quindi ho approfondito il discorso. E poi mi sono innamorata. La voce di Coco è davvero una cosa di una bellezza incredibile, davvero unica e supera in modo eccellente il mix, Poni suona la batteria in modo duro e solido, senza mai sembrare forzata e le linee fuzz-bass di Jem sono semplicemente epiche. Dovrei aprire per loro, una volta, in un piccolo bar e non dimenticherò mai di vederli dal vivo. Ho avuto modo di uscire con Poni a Nahsville qualche anno fa e mi sentivo una fan. La loro cover di “We Repel Each Other” dei Reigning Sound, su questo disco, è la perfezione assoluta; non smetterò mai di ascoltarli.