Sui prodromi del cedimento del britpop se ne è parlato tanto. E su quanta era comunque la voglia del pubblico di avere ancora del rock fatto di chitarre melodiche e ritornelli indimenticabili, pure. E pure su come, quindi, tanti gruppi vennero fuori cercando fortuna, in quello che poi verrà  ricordato come post-britpop.

Tra i vari Coldplay, Stereophonics, Starsailor e compagnia cantante, impossibile non citare i Travis e il suo dominus Fran Healy.

Il primo album “Good Feeling” ottimo per cavalcare l’ondata britpop con solarità  e quelle chitarre rock pop tipiche del movimento, disinvolto, apprezzato anche se non indimenticabile, quindi la svolta: le chiavi vengono affidate a Nigel Godrich, autentico carneade forse per alcuni, invero giovane produttore e tecnico del suono che sta collezionando perle su perle; c’è lui dietro all’esplosione dei Radiohead, a “Mutations” di Beck, sempre lui figura al missaggio per successi commerciali come “UP” dei R.E.M. o all’esordio di Natalie Imbruglia (piccola nota patriota: poco più che 18enne era stato anche tecnico del suono per “Scandalo” della Gianna nazionale).

Ed ecco che come il passare dei mesi e delle stagioni per gli scozzesi Travis finiscono i caldi, spensierati pomeriggi di fine settembre, scanzonati e frizzanti, e si passa a scenari dicembrini, pallidi e freddi, come è la natia Scozia: e quindi via alle melodie, alle chitarre rotonde e melanconiche, a ballate calde, a tratti timide, emozionali, ma condite di vitale ironia, con un suono che si fa più nitido e meno sporco,  e le atmosfere più beatlesiane e meno kinksiane con una chitarra elettrica in meno ed un’acustica in più, i pezzi a presa immediata, delicati ma coinvolgenti: ecco “The Man Who”, ed ecco il successo a livello planetario.

Che poi, una buona parte delle canzoni di questo album erano già  state scritte da Healy negli anni precedenti, dove già  Sua Maestà  Noel Gallagher li aveva insigniti del grado di Cavalieri dell’Ordine portandoseli ad aprire gli Oasis in alcune date: difatti, il primo estratto “Writing to Reach You” ha più di un richiamo, sia nel testo che nella struttura sonica,  a “Wonderwall”. Tanto basta, il pezzo piace, ed è un buon successo sia in termini commerciali (14esimo nella UK Chart) che di critica.

E allora avanti, con un nuovo estratto “Driftwood”, beatlesiana (come la è peraltro “As You Are”, vicinissima all’abito sonoro  di “Across The Universe”), lineare ma dal cullante tepore.

Ma i Travis devono calare ancora gli assi, ed ecco allora che si giocano la carta “Why Does It Always Rain On Me?” come terzo singolo: Boom. E’ esplosa una stella. E il bagliore si vede fino al Giappone, all’America, all’Australia, dove il singolo entra dritto nelle top 10. Dolce, umana, autoironica, diretta, uno scacciapensieri in musica accompagnato da viole in sottofondo che la rendono ancor più indimenticabile.

Non contenti, gli scozzesi azzardano l’all-in: ecco quindi il crescendo emozionale, epico, da autentico inno da stadio  che caratterizza il terzo estratto,  “Turn”. Altro successo. Altra conferma.

“The Man Who” aprirà  le porte del paradiso musicale ai Travis, compresi gli accessi ai palchi dei più grandi festival in giro per il mondo ed quelli alle classifiche: raggiungerà  il numero uno nella loro Scozia e nella UK Charts, li vedrà  vincere due Brit Awards nel 2000  come miglior album e gruppo britannico, venderà  nel Regno Unito oltre 2 milioni e mezzo di copie e qualcosa come 3 e mezzo in tutto il mondo.

E, con ogni probabilità , rimarrà  il  masterpiece di Fran Healy e compagni.

Travis – The Man Who
Data di pubblicazione: 24 Maggio 1999
Tracce: 10
Lunghezza: 47:33
Etichetta: Independiente
Produttori: Nigel Godrich, Mike Hedges
Tracklist:

1. Writing To Reach You
2. The Fear
3. As You Are
4. Driftwood
5. The Last Laugh Of The Laughter
6. Turn
7. Why Does It Always Rain On Me?
8. Luv
9. She’s So Strange
10. Slide Show – The Blue Flashing Light