Classe 1967, californiano, Richard James Simpson come secondo album da solista tira fuori un lavoro oscuro, disturbante, conturbante, cosa che d’altra parte sta bene col nome di “Deep dream”, e con la copertina di un’infanzia in bianco e nero che ci interroga dal passato con sguardo poco complice.

Potrei sintetizzare la mia idea generale dicendo che è il contrario di una sintesi, perchè il disco è fatto soprattutto di molti contrasti, specie tra voci morbide e strumenti stridenti, tra canzoni classicamente intese (tra tutte ad esempio “Job”) e tracce dalle forme assolutamente non convenzionali.

E’ un rock acido contaminato col noise, allucinato, distorto. Non si fa problemi nello spiazzare già  all’inizio con il mix rumoristico-sinfonico di “ON2U”, per affondare poi nella mente con la psichedelica onda immobile di “Know”.

Radici hard rock anni 70 alla Deep Purple sono evidenti in brani come “Mary shoot’em first”, “Free” (con degli echi anche di Who), “Job” (con chitarre heavy), “Sugar blue inn”, “Cell”, sia per il cantato che per le chitarre, e tutta la struttura e dinamica dei brani.

Momenti più dark noise, forse i miei preferiti, arrivano con “Half brother, half clouds”. Totalmente dark invece “I couldn’t be happier” (nonostante il titolo), e la filastrocca dall’atmosfera horror di “Pieces of you”.

Bello anche il rumorismo destrutturato, inquieto e inquietante, di “My psichedelic mother”, e di “The walls have ears”, e “Human”, al limite del puramente evocativo.
Più industrial alla Einstà¼rzende Neubauten quello di “The Giver” e di “Primerose Bob”.

Un disco quindi soprattutto vario, molto ben suonato e prodotto, un bel misto di stili e strumenti giocati con libertà , può dare l’impressione di non sapere dove va a parare ma di certo non ci si annoia, se è un invito a cogliere i messaggi che il nostro io puro, bambino, speranzoso, desideroso, ci manda attraverso il tempo con i sogni, anche se frammentari e incoerenti, può ben essere colto con lo stesso suo coinvolgimento temerario.

Credit Foto: Richard James Simpson [CC BY 4.0], via Wikimedia Commons