Salpato, come un pirata sulle rotte delle indie orientali, verso altri lidi è tempo di tirare le somme sulla giornata numero 3 del Mi Ami.
Una giornata di live bellissimi con vecchie conferme e scoperte piacevoli.
Una domenica da “sereno variabile”, ma la pioggia non arriva a caso e in alcuni momenti è stata una cornice perfetta di storytelling sonoro e visuale. Dopo la nuova parentesi metereologica a cui mi sono affezionato, anzi proporrò un format su questo, possiamo partire con l’analisi della terza e ultima giornata di Mi Ami.

I HATE MY VILLAGE ““ APOCALYPSE NOW
Painting a picture, or having a story to go with what you were going to play, was of vital importance in those days“, a dirlo è stato Duke Ellington, che aveva chiaro il concetto di lingua come segno distintivo e caratterizzante nel racconto di una storia. Sul palco la storia degli I Hate My Village sgorga e forma una rete, un network globale di esperienze basate sulla conoscenza e sulla percezione degli strumenti in un modo diverso, profondo e religioso. Alberto Ferrari e Adriano Viterbini sono monaci amanuensi che scrivono una storia partendo da un set di suoni primordiali. I Hate My Village un set di genesi e apocalisse.

GIOVANNI TRUPPI
Il big crunch: un momento in cui tutta la materia luminosa, l’energia oscura e la materia oscura si ricongiungeranno in un punto di densità  infinta, insomma la fine del nostro universo.
Giovanni è capace di giocare in un modo cosmico con le emozioni di chi lo ascolta, riesce a deformarle, ampliare e approfondirle.
L’intimismo non è una scienza esatta, non è una questione di accordatura o di pentatoniche, ma piuttosto è tutto nel tatto, nel tocco umano che ci lascia un live così. Talmente intenso da lasciare senza parole, un logorroico di professione.

LA RAPPRESENTANTE DI LISTA
Il corpo come estensione dell’anima, ecco cosa esce fuori dal colorato set de La Rappresentante di Lista. Il live è una metamorfosi, uno studio sull”adattamento darwiniano alle malinconie del quotidiano.
I movimenti sul palco sono simbIotici al tocco dei bassi sulle casse dell’impianto, un’architettura equilibrata tra teatralità , arte e flusso poetico.
La Rappresentante Di Lista è lo yìng e lo yang del Mi Ami 2019.

ANY OTHER E EUGENIA POST MERIDIEM ““ LA POSTA DEL CUORE
La scommessa e la certezza. Any Other ha una identità  chiara amplificata e riverberata ascolto dopo ascolto, live dopo live; Eugenia Post Meridiem porta sul palco un germoglio, un seme che già  lascia presagire un profumo di fresco, immediato e dannatamente interessante. Due progetti costruiti intorno alla cifra stilistica della contaminazione musicale, universi di ascolti che si incontrano e shakerandosi creando due sonorità  giovani e singolari.

BOB CORN ““ ECOLOGIA SONORA
Bob Corn è un sentiero di una radura inaspettata e sconvolgente.
Tutti noi possiamo crearci un’immagine della fine del mondo e oggi anche io riesco, finalmente, ad avere un’apparenza più chiara di un’utopica/distopica (dipende dai punti di vista) fine dell’Universo. Bob Corn è chiaramente il sottofondo di una personale apocalisse umana, più giusta e con una decisa vena poetica.
La sua è una profezia ecologica e puntuale ma mai sconsolante, perchè dietro tutto il concetto del live c’è una riscoperta dell’essenzialità .
Bob Corn è il papà  di un’apocalisse tenera.

ANDREA LAZLO DE SIMONE ““ POESIA E SENSAZIONE
In un momento in cui c’è un’iperproduzione di significati, retoriche, messaggi e idee, arriva Andrea Lazlo a rendere tutto più chiaro e fulgidamente rigoroso. Il suo ultimo brano, uscito venerdì, si innesca perfettamente in un set non comune, fuori dalle regole delle prospettive contemporanee. Andrea Lazlo è un pioniere romantico che mette piede in un territorio inesplorato, perlomeno per le coordinate della canzone italiana contemporanea. Il suo set al Mi Ami è la descrizione di quel momento, di quel micro-millesimo di secondo prima di un pianto spassionato e catartico. 50 anni dall’allunaggio non sono un caso, Andrea Lazlo è come Neil Armstrong.

La parola di oggi è “fine”, perchè effettivamente siamo alla chiusura del Mi Ami. La chiusura di un arco temporale, anche se breve e condensato in 72 ore di festival, è sempre un momento utile per iniziare a tirare le somme in riferimento a quella fotografia del contemporaneo evocata, come un drago Shenron, nella prima giornata del festival.
You never get knocked out by a punch you see coming“. Alì aveva ragione e fortunatamente i live di cui abbiamo parlato sono stati esattamente così: ganci destri e sinistri non aspettati, ma piacevolissimi da prendere diritti nel cuore e nello stomaco.

Brano della serata:
Vieni a Salvarmi ““ Andrea Lazlo De Simone