E’ veramente triste e difficile mettersi all’ascolto e disquisire poi dell’ultimo disco dei Cranberries, che sin da titolo, ne suggella la fine.

Non potrebbe essere stato altrimenti, d’altronde, essendo venuta a mancare la penna principale, la leader carismatica, il simbolo stesso della band, vale a dire quella Dolores O’ Riordan, che nel corso di due decenni e oltre di carriera, abbiamo imparato a conoscere non solo per le innegabili, magistrali doti di vocalist e performer, ma anche purtroppo per le sue fragilità , insicurezze e vicissitudini. Le stesse tante volte poi riversate in canzoni che, è innegabile, sono passate alla storia del rock.

“In The End” suona però tutt’altro che cupo, mesto e dimesso, quasi come se profeticamente la O’Riordan ““ trovata senza vita in una stanza d’albergo a Londra il 15 gennaio di un anno fa ““ sapesse che avrebbe potuto trovare quella pace e serenità  a lungo ricercata, soltanto in un’altra vita.

Sin dal 2017 in realtà  aveva iniziato a scrivere e comporre i pezzi con il chitarrista Noel Hogan, riuscendo brillantemente a condensare una vasta gamma di emozioni, finanche a svuotarsi del tutto in quelle bozze sincere da cui poi sarebbero partorite queste 11 nuove canzoni.

Non so se si tratta solo di suggestioni, ma in brani come l’iniziale “All Over Now”, dalla melodia ariosa e meravigliosamente malinconica, nella raffinata e intensa “Catch Me If You Can”, nella dolcissima e commovente “Illusion” o in una “Summer Song”, intrisa di fresco e scintillante pop, con le stimmate del singolo radiofonico di successo, ci sento davvero l’ispirazione dei giorni migliori, con atmosfere che rimandano addirittura al loro disco di debutto.

Per non dire di “Wake Me When It’s Over”, questa sì pregna di asprezza e amaro disincanto, e della solenne “Lost”, sorta di grido d’aiuto e ammissione estrema di solitudine, che per mood e attitudine sembrano provenire dagli epocali album “No Need To Argue” e “To The Faithful Departed”, quelli della loro consacrazione in tutto il mondo.

Non sono bastati alla cantante irlandese i tanti riconoscimenti, con il gruppo e da solista, non il successo, i soldi e la fama, nemmeno l’amore sconfinato per i tre figli a placarne in qualche modo il malessere e i tormenti interiori. Eppure, proprio mentre era al lavoro con i suoi vecchi sodali, i fratelli Noel e Mike Hogan e il batterista Fergal Lawler, sembrava volersi lasciare definitivamente alle spalle i tempi bui.

Invece quella sua voglia di chiudere un capitolo doloroso e di metabolizzare il passato, rimarrà  per sempre impresso in queste ultime tracce che, solo dopo aver ottenuto il consenso dei famigliari di Dolores, il gruppo ha potuto completare con il produttore Stephen Street, lo stesso che li aveva seguiti proprio durante gli anni dei successi.

“In The End” chiude per sempre la carriera dei Cranberries, con i tre che hanno più volte ribadito che mai potrebbero continuare con questo nome senza la loro principale artefice e compagna di tanta strada.

La tragedia della perdita della O’Riordan fa assumere giocoforza un significato nuovo al disco, diventandone testamento artistico ma anche fedele ritratto di una donna che nella musica ha messo davvero tutta la sua vita.