Per Simon Reynolds, uno dei più autorevoli critici musicali in circolazione, il Giappone è un vero e proprio “impero del rètro”. Nel corso degli anni, ogni singola forma e incarnazione della cultura occidentale ““ popolare e di nicchia, bassa e alta, senza fare troppe differenze ““ è stata “curata, assimilata e riprocessata” da un esercito di appassionati del vintage.

Si tratta di un’ossessione che va ben oltre il semplice collezionismo: quante band nipponiche propongono generi nati in Gran Bretagna o negli Stati Uniti seguendo un approccio che si potrebbe definire da maniaco dei dettagli? E il bello è che, copiando fino all’ultima virgola i loro beniamini di Londra o New York, i più talentuosi tra questi artisti sono riusciti a dar vita a uno stile talmente particolare da diventare persino originale.

Ricollegandosi ancora al pensiero di Reynolds, nel Paese del Sol Levante il rock diventa meta-rock: un rimescolamento di citazioni, plagi e riferimenti colti che sottintende un totale dominio della materia ma fatica a trasformarsi in arte a tutti gli effetti, ingarbugliato com’è nella rete dell’imitazione. Si finisce così a fare musica esclusivamente per parlare della propria musica preferita, senza preoccuparsi di trasmettere alcunchè all’ascoltatore.

Per fortuna c’è chi dimostra di avere personalità  a sufficienza da non correre rischi di autoreferenzialità : prendete i Guitar Wolf, per esempio. Il riottoso power trio di Tokyo, in circolazione dal lontano 1987, arriva all’invidiabile traguardo dei tredici album dati alle stampe con “LOVE&JETT”, il primo a uscire per la Third Man Records di Jack White. Neanche ventisei minuti di garage punk granitico, intransigente e dal sapore “’50s/’60s per dieci tracce che suonano come schegge impazzite, talmente rumorose da sfociare in più di qualche occasione nel noise – se non addirittura nella pura cacofonia.

Il “tratto caratteristico della sensibilità  nipponica” (cito ancora Reynolds e il suo libro “Retromania”) c’è e si sente: il garage punk di Guitar Wolf (chitarra e voce), Bass Wolf (basso) e Drum Wolf (batteria) è assolutamente fedele ai modelli originali (MC5, Ramones  e Misfits su tutti). Ma è una fedeltà  talmente eccessiva e maniacale da trasformarsi in una sorta di inedita overdose ultra-garage punk, nel quale ogni aspetto del genere ““ dai suoni alle strutture dei brani, dall’aggressività  alla qualità  lo-fi delle registrazioni   ““ sembra palesarsi sotto l’effetto di steroidi. Ed è proprio questo a rendere “LOVE&JETT” un disco curioso e interessante. Da non perdere la cover malatissima di “Gimme Some Lovin'” dello Spencer Davis Group ““ ma fate attenzione ai timpani!