“Violet Street” è il nuovo, tanto atteso, album dei Local Natives. La band, faro nella nebbia sempre più densa che minaccia la corrente indie, ci regala un disco inaspettatamente vicino all’autenticità  del debutto. Sonorità  rinfrescanti ed armonie leggere avvolgono le correnti sotterranee che attraversano tutto il disco. Un lavoro che ha qualcosa di universale ed inevitabile, come la transizione da un’età  ad un’altra. Una sorta di cerchio che non si chiude, ma che, al contrario, rinnova e rinvigorisce eternamente la sua rotazione.

“Violet Street” si apre con “Vogue”: un pacato coro d’uccelli che ci trascina pian piano in un’eterea sala degli specchi. Il brano, in pieno stile Fleet Foxes, ci riporta immediatamente agli albori di “Gorilla Manor”, provandoci fin dai primi minuti che, anche se molta acqua è passata sotto i ponti, la vena creativa propria del gruppo è rimasta più che intatta.

“When Am I Gonna Lose You” e “Cafè Amarillo” sono i singoli brillanti, e contortamente tristi, che presentano l’album a colpi di cannone sexy. Il primo descrive la spirale angosciante, la parte oscura che può, talvolta, nascondere l’amore. L’oceano, le curve della strada e le curve dei corpi. I ricordi, le persiane abbassate e la sensazione innegabile di un qualcosa che sfugge tra le dita nonstante la presa salda.  “Cafè Amarillo”, invece, ci carica a bordo per un viaggio tanto on the road quanto emotivo. Un’altra faccia della medaglia, un’altra visione della tematica amorosa che stavolta ha uno spettro più ampio ed è aperta a maggiori possibilità . Giorni di pioggia ed un’insonnia impossibile da spiegare. Attimi infiniti passati a ricordare il sole negli occhi dell’amata: l’unica, vera ancora di salvezza.

Lo charme dance-postapocalittico di “Megaton Mile” spezza in qualche modo l’uniformità  del disco, andando a disegnare un’esplosione di veri e propri ghirigori acidi. “Someday Now” rimette tutto in carreggiata e ci riporta velocemente in un luogo sicuro e malinconicamente inebriante.

Ennesimo picco dell’album è “Garden of Elysian”. Una vetta magica, al di sopra di tutto e di tutti. Un paradiso artificiale dove amare veramente vuol dire condividere una bottiglia di vodka e delle cuffiette. Altrettanto grandiosa, per motivi diversi, è “Gulf Shores”. Nuovo inno dell’estate indie SoCal, la canzone parla d’evasione, di maledizioni lanciate nel fuoco e di gioventù rimpianta.

Un’ulteriore corsa all’oro pienamente riuscita per i Local Natives, che non smettono di confermarci, album dopo album, di essere un sempreverde sinonimo di garanzia.

Credit: Drew Escriva