Volevano essere i nuovi Beatles, finirono per diventare una delle meteore più luminose nell’affollatissimo firmamento di one-hit wonder che scombussolò gli ultimi mesi degli anni Settanta, attraversato da eccessi disco music e fiammate post-punk. La storia della rapidissima caduta dei The Knack fu tanto triste quanto prevedibile: a posteriori, è possibile affermare senza il minimo dubbio che i dirigenti della Capitol commisero un madornale errore quando decisero di spacciarli per la risposta statunitense ai Fab Four.

Così facendo, li condannarono a un’esistenza di aspettative impossibili da soddisfare. Un’esistenza incredibilmente breve visto che, appena tre anni dopo la pubblicazione del debutto “Get The Knack”, era già  tutto finito. A nulla valsero le due-tre reunion organizzate tra il 1986 e il 2010, anno in cui un tumore ai polmoni si portò via il cantante/chitarrista Doug Fieger: l’interesse del grande pubblico nei confronti del quartetto californiano si spense per sempre non appena le radio iniziarono a non trasmettere più ininterrottamente “My Sharona”.

Esiste al mondo una persona che non abbia mai ascoltato almeno una volta nella propria vita questo brano? Si tratta di uno dei più clamorosi successi commerciali nella storia del rock. Un classico intramontabile che non invecchierà  mai. Provate a scomporlo in tanti piccoli pezzettini, e scoprirete che non c’è neanche un millesimo di secondo che non valga la pena ricordare.

Vi elencherò giusto alcuni dei passaggi della canzone entrati meritatamente nell’immaginario collettivo: l’iconico pattern ritmico posto in apertura, che per tutti i batteristi alle prime armi ha un valore simile a quello che ha il riff di “Smoke On The Water” per i chitarristi; gli accenti del basso di Prescott Niles che, seguendo i colpi di timpano, cassa e rullante di Bruce Gary, ci insegnano la differenza tra ottava sopra e ottava sotto; il crescendo sul quale un indiavolato Berton Averre si scatena, regalandoci un assolo da pelle d’oca.

Dulcis in fundo, gli innumerevoli modi in cui vengono intonati i due vocaboli che formano il titolo della canzone. L’indiscussa protagonista è la prima persona singolare dell’aggettivo possessivo inglese, My: Fieger e compagni la smontano fino a ridurla a un paio di suoni linguistici ““ la nasale bilabiale [m] e il nucleo sillabico [aɪ] ““ che vengono poi rimescolati e ricomposti, in base all’esigenza del momento. Si va quindi dallo scandire ripetutamente la consonante (M-m-m-my Sharona) all’indugiare sulla vocale (My, my, my, I, yi, woo!), per poi unire il tutto in un frullatone misto (M-m-m-my my my, I, yi, woo!). Ci sono persino piccoli strappi alla regola, come l’Oooooh, my Sharona che, posto tra gli stacchi in chiusura, funziona alla perfezione.

Nella mia testa, “My Sharona” è e sarà  per sempre una sorta di “Stairway To Heaven” del power pop: epica, avvincente come un bel romanzo e destinata all’immortalità . Come il capolavoro dei Led Zeppelin, però, soffre di un piccolo difetto che, se si persevera con gli ascolti, rischia di diventare gigantesco: alla lunga rompe le palle. Ed è proprio quello che successe nel 1979: angustiati da quello che sembrava essere diventato un eterno tormentone,  gruppi di esausti appassionati di musica rock iniziarono a organizzarsi in potentissimi comitati anti-The Knack. Un unico ordine: boicottare gli insopportabili quattro.

Il destino era segnato; il colpo mortale, tuttavia, lo infersero i critici, offesi dalla misoginia e dal sessismo di cui i testi del disco sono pregni ““ in questo senso, la copertina del quarantacinque giri di “My Sharona”, con la ragazza in canottiera bianca e i capezzoli in bella vista, aiutò ben poco. Calò la notte sulla sfortunata band di Doug Fieger, e il buio si inghiottì le altre undici tracce che compongono “Get The Knack”.

Un vero peccato, perchè alcune di queste meritano davvero: “Let Me Out”, “Your Number Or Your Name”, “Siamese Twins (The Monkey and Me)” e “Good Girls Don’t”, tanto per citare quattro tra le migliori in lista, rappresentano un riuscitissimo compromesso tra l’energia del rock degli anni Settanta e l’appiccicume, un po’ melenso ma irresistibile, di un certo tipo di pop prodotto a cavallo tra i Cinquanta e i Sessanta. Sì, l’influenza dei Beatles c’è e si sente. Meglio non tirarli più in ballo, però: ai The Knack hanno portato una sfiga enorme.

The Knack ““ “Get The Knack”
Data di pubblicazione: 11 giugno 1979
Tracce:  12
Lunghezza:  40:58
Etichetta:  Capitol
Produttore: Mike Chapman

Tracklist:
1. Let Me Out
2. Your Number Or Your Name
3. Oh Tara
4. She’s So Selfish
5. Maybe Tonight
6. Good Girls Don’t
7. My Sharona
8. Heartbeat
9. Siamese Twins (The Monkey And Me)
10. Lucinda
11. That’s What The Little Girls Do
12. Frustrated