Un fulmine a ciel sereno .
Mi sto forse riferendo al cristallino pop offerto ieri sera nell’affascinante cornice dell’anfiteatro vittoriale da uno splendido Johnny Marr?
No, il riferimento è al suo ritorno discografico, datato 2013, che ha prodotto fino ad ora ben 3 album in studio ed un live, il cui titolo “Adrenalin baby” dice tutto.
Meglio sarebbe scrivere che più che ritorno si trattò di pubblicazione di lavori a suo nome, dato che il nostro era sempre rimasto attivo, tra progetti e collaborazioni varie, ma sempre con il macigno dell’eredità  Smiths sulle spalle, eredità  che gli varrà  presenza eterna nel Pantheon della musica del “‘900.
Inutile pertanto ribadire quanto la sua chitarra sia entrata nella storia del pop così come la voce del compare Morrissey, a fronte peraltro di una serie di canzoni memorabili, su cui decine e decine di gruppi hanno tratto ispirazione o addirittura fondato una carriera (citiamo solo a titolo esemplificativo i Gene dal calderone brit pop anni ’90).

Fulmine a ciel sereno, dicevo, perchè rimasi colpito dalla qualità  di scrittura e dalla freschezza di questi lavori a suo nome che di fatto gli hanno aperto la strada per una nuova vita artistica.
Album assolutamente privi di deja vu o revival, ma caratterizzati da un moderno e brillante guitar pop tipicamente inglese .
Per questo motivo ho acquistato tutti i suoi album dal 2013, non perchè fosse l’ex chitarrista/anima degli Smiths, ma semplicemente perchè apprezzavo Johnny Marr in quanto tale e i suoi lavori, indipendentemente dal passato.
La stessa considerazione valga per averlo voluto seguire almeno in una tappa del nuovo tour che, fortunatamente, ha toccato anche il nostro paese, con l’adorabile scelta di esibirsi anche presso l’anfiteatro Vittoriale in quel di Gardone Rivera, sponda bresciana del Garda.

Johhny non ha deluso sciorinando un’ora e 45 minuti di purissimo e fascinoso pop, rappresentando in maniera piuttosto equilibrata tutti i suoi lavori solisti.

Immancabili (ma forse più abbondanti che in passato) gli omaggi al repertorio degli Smiths, con ovvia reazione entusiasta del pubblico, che comunque e fortunatamente non pare esser presente solo sperando in pezzi della storica band,   ma attento e partecipe su ogni fronte.
Marr si dimostra affabile, concentrato e trasmette chiaramente la sensazione di non essere sul palco per qualche obbligo contrattuale, ma crede davvero nelle sue canzoni e nel suo progetto.
Vederlo pennellare riff su riff senza mai un eccesso nè una sbavatura e con quel suono inconfondibile è pura goduria al limite del lussurioso, che, ad un certo punto, quasi mi pare che i cuori dipinti nella sua sfolgorante camicia multicolor si stacchino dalla seta e si dissolvano nell’aria seguendo le scie create da quelle corde (giuro che non ho fumato nulla di strano).

Le movenze sul palco mi ricordano un altro barone del pop inglese (Paul Weller) e l’aggettivo che mi rimane in testa, a fine concerto, è proprio “cool“.

Eterno giovane?

Probabilmente sì, ma più che giovane o non giovane, Johnny è semplicemente (e naturalmente) sublime , lui è davvero “cool“.
E mentre penso a tutto ciò, il concerto si chiude sulle note della cover dei Depeche Mode “I Feel You” e con il gran finale di “There Is a Light That Never Goes Out” degli Smiths.

Credit Foto: Ralph Thompson (CC BY-ND 2.0)