Primo album per  Amyl and the Sniffers, band australiana che in soli tre anni e un paio di E.P., è riuscita a crearsi un nutrito seguito di fan anche grazie alle loro strepitose esibizioni live.

In questo breve tempo sono riusciti ad ottenere una grande visibilità , aprire concerti per i Foo Fighters, attirare l’attenzione di artisti cult come Jarvis  Cocker e Iggy Pop, e riempire tutti i locali dove si sono esibiti nel loro lungo e interminabile tour internazionale.

A tutto questo si aggiunge l’attenzione di una major come la Rough Trade, che e’ storia, e la produzione per questo album di debutto di Ross Orton, batterista per gli ADD N to (X),  membro dei Cavemen,  responsabile di lavori come “AM” per gli Arctic Monkeys e che vanta collaborazioni con artisti del calibro di MIA,  Jarvis  Cocker , The Kills solo per citarne qualcuno.

Insomma questi ragazzi australiani hanno bruciato le tappe, da quando si sono ritrovati in una stanzetta a provare le prime cose non è passato poi così tanto tempo eppure il sogno si è realizzato e in pochissimo si sono trasformati in una vera band.

Certo non ci troviamo di fronte a nulla di nuovo, il sound e quello di una band punk tutto sommato vecchia scuola, ma le potenzialità  ci sono, l’ascolto lascia il segno e hanno la capacità  di rendersi, per quanto non particolarmente innovativi, immediatamente riconoscibili.

Ci troviamo così ad ascoltare una band punk rock alla quale la front woman Amy Taylor dona in modo naturale una colorazione glam, con il suo atteggiamento carismatico, un pò Johnny Rotten e un pò la Columbia di Richard O’Brien.

L’album è pura energia punk e apre con con “Starfire 500”, dove la voce di Amy arriva quando ormai non te l’aspetti più a completare il brano, seguita da “Gacked On Anger” che riprende temi di protesta e di ribellione nei confronti degli stereotipi sociali, tipici della scena punk, con il ritmo che di certo non si abbassa e la batteria picchia duro.

“Cup of Destiny” la conoscevamo già  ed è forse il brano più immediato per l’ascoltatore, seguita da “GFY” con un bel basso distorto in evidenza e poi … sparati fino alla fine.

Con “Angel” si riprende fiato, un bel pezzo tra cori e chitarra, per poi ripartire più forti di prima, da ricordare sicuramente “Got You” uscito direttamente dalla fine degli anni ’70, “Shake Ya” che rappresenta bene la band ed è quasi un biglietto da visita e “Some Mutts (Can’t Be Muzzled)” degna chiusura di un album punk non banale ma anzi pieno di spunti interessanti.

L’album ha i suoi punti di forza nei riff di chitarra sempre interessanti, nella parte ritmica, e non poteva essere altrimenti con la collaborazione di Ross Orton alla produzione, e anche nella voce di Amy, ma è sicuramente live che tutto acquisterà  maggiore valore e significato.

Un grande inizio decisamente ben prodotto in cui ogni cosa sembra essere al suo posto, a partire dalla copertina del disco, senza sembrare falso o costruito, se gli Idles ci avevano fatto gridare al miracolo anche qui ci andiamo vicino.

Credit foto: Jamie Wdziekonski