Sei anni dopo “Forever Becoming” e a quattro dall’ EP “Cliff” tornano i Pelican, alfieri di quella branca strumentale del post rock che confina col metal. Sesto album in una carriera quasi ventennale per il quartetto di Chicago, nato come side project dei Tusk (band grindcore in cui suonavano il batterista Larry Herweg e il chitarrista Trevor Shelley-de Brauw) e cresciuto lentamente, con una costanza che ha sorpreso gli stessi musicisti.

“Nighttime Stories” è il primo album scritto insieme al chitarrista Dallas Thomas che ha sostituito Laurent Schroeder-Lebec nel 2012 e conferma la caratura sonora dei Pelican, capaci di comporre brani di grande forza e sostanza. “Australasia”, il loro esordio del 2003, si apriva con “Nightendday” e oggi la notte ritorna a chiudere il cerchio.

Il sound dei Pelican si è evoluto e in questo disco il cambiamento è particolarmente evidente. Una traccia acustica (“WST”) e il languore di “It Stared At Me” fanno da antipasto e spartiacque tra otto brani suonati con l’acceleratore premuto. “Midnight and Mescaline” ruota attorno a un riff muscolare ben sostenuto dalla batteria di Larry Herweg; “Abyssal Plain” è una cavalcata ritmata e pesante; “Cold Hope” vira su toni ancora più oscuri e aggressivi.

La title track veleggia beata tra death e sludge metal prima di approdare al rock di “Arteries of Blacktop” e alla calma apparente di “Full Moon, Black Water” che in otto minuti racchiude tutta l’anima del disco, dall’acustico all’elettricità  estrema. Nulla di nuovo sotto il sole ma heavy col cuore in mano.

Credit foto: Marfa Capodanno