“Last Building Burning”, il quinto album dei Cloud Nothings, è uscito lo scorso ottobre via Carpark Records, e la band di Cleveland era già  passata dall’Italia a presentarlo con tre date nel febbraio di quest’anno.

Nonostante avessimo già  partecipato al loro live-show al Covo Club di Bologna, torniamo molto volentieri a vederli anche all’Arti Vive di Soliera: piazza Lusvardi, principale sede del festival, anche stasera risponde molto bene a questo evento gratuito, sebbene il numero di presenze sia leggermente inferiore a quello di ieri sera per il concerto di Anna Calvi.

Dopo il live nella vicinissima piazza Sassi degli Hofame ““ deliziosa band lo-fi pop di Lodi su etichetta La Barberia Records ““ e di quello dei modenesi Woooz sul palco principale in piazza Lusvardi (venticinque minuti punk pieni di energia e senza fronzoli), qualche attimo prima delle dieci e venti sale sullo stage anche l’attesissimo gruppo dell’Ohio.

Se la setlist è ben divisa tra i loro ultimi quattro LP ““ ovviamente con una preferenza al disco più recente ““ è “The Echo Of The World”, estratto proprio da “Last Building Burning”, ad aprire la serata: come succederà  più volte nel corso della seguente ora, la voce del frontman Dylan Baldi è gridata e viscerale, ma è la strumentazione a dare la giusta aggressività  ed energia punk, sebbene l’atmosfera risulti piuttosto cupa, se non addirittura disperata in certi momenti.

Le cose cambiano, invece, nella successiva “Now Hear In”, con la rabbia che rimane, mentre le chitarre si fanno sentire in maniera pesante, supportate da una sezione ritmica decisamente adrenalinica (il drumming di Jayson Gerycz è davvero impressionante): qui, però, appare una sensibilità  melodica davvero gradita e il pubblico emiliano non riesce davvero a trattenere la sua voglia di ballare e scatenarsi.

La distruzione continua con la lunga “Pattern Walks” con il basso di TJ Duke che punge preciso e una parte centrale solamente strumentale di rara ferocia; “Stay Useless” poi ci riporta su binari più melodici, ma è comunque incredibilmente veloce ““ anche più dell’originale ““ ed è ormai diventata un vero e proprio inno, di cui i presenti non possono che godere, mentre l’infinita “Dissolution” è per la maggior parte dei suoi undici minuti una vera e propria jam, dura, pesante e piuttosto cupa, ma che è capace di pettinare la folla modenese attraverso la sua intensità .

“I’m Not Part Of Me” è un altro anthem emo-punk e diventa davvero difficile non lasciarsi andare e trasportare dal suo ritmo e dalla sua ottima sensazione melodica; “Wasted Days” chiude infine la serata con un altra lunghissima jam dalla velocità  elevata e dall’alta tensione.

In quest’ora abbondante i Cloud Nothings hanno dimostrato di essere una band sincera, intensa, punk e sono riusciti a farci muovere e saltare, nonostante il caldo e l’afa di questa torrida estate emiliana.