Beh, signori, che bel disco! Le premesse erano ottime. Stavamo tenendo d’occhio i ragazzi di Brighton da un po’ e poi c’era il marchio Bella Union a garantire il tutto, ma, devo ammettere che non credevo sarei stato rapito in un modo così totalizzante. “Until the Tide Creeps In” è un disco che frettolosamente si potrebbe definire shoegaze-dream-pop, ma alla fine vale lo stesso discorso già  fatto per i Soft Cavalry, perchè quello che parte come indie-pop si espande, toccando lidi e magie sonore che ampliano discorsi e orizzonti musicali.

Non ho citato a caso i Soft Cavalry, compagni d’etichetta tra l’altro. Quel suono liquido e vellutato con caratterizza quel disco si può ritrovare anche qui: i ritmi sono bassi (ma non troppo), onde sonore che increspano un mare non agitato, ma in attesa, che ci aspetta e ci chiama. Ascoltate la splendida “Underwater Record Store” e poi non ditemi se davvero non vi sembrerà  di essere in una bolla d’ossigeno tra i flutti dell’oceano, mentre le correnti vi portano sempre più giù, ma con dolcezza e amore, non certo violenza. Se dovessimo trovare una figura musicale che, a tratti, ci viene in mente come accostamento, beh, potremmo dire Mazzy Star, una di quelle sirene a cui è proprio impossibile dire di no. Un mare irresistibile, dolcissimo e carezzevole, ma anche sorprendente e sconvolgente (i sette minuti di “Gnarbone” sono un vero assalto shoegaze, la grinta indie-rock di “Leipzig” che però trova stilosissimi momenti di calma con arpeggi deliziosi o il finale di “Cut Your Hair”, per cui ancora le chitarre si fanno sature e rumorose).

La Bella Union pesca quindi un altro jolly di quelli davvero importanti. I Penelope Isles confermano quanto di buono ci avevano già  preannunciato con i loro singoli. “Chlorine” resta una canzone magnifica, ma vi assicuriamo che non è l’unica perla nascosta in questo mare meravigliso.