La scena musicale DIY di New York non conosce il significato delle parole penuria o scarsità , non dobbiamo di certo annunciarlo noi: Brushwick, sobborgo di Brooklyn ne è senza dubbio uno dei luoghi più fervidi e stimolanti.

Non so se Andrew Kerr (batteria), Brendon Avalos (basso) e Britton Walker (chitarra) abbiano fatto diligentemente la fila per raggiungere un tavolo e gustare il tipico piatto italiano da Roberta’s Pizza (il fatto che ci vada Beyoncè non credo sia uno stimolo convincente per i tre artisti newyorkesi) o se invece preferiscono la cucina vietnamita di Lucy’s ma di certo avranno frequentato locali come il Silent Barn o il mitico Goobye Blue Monday (prima della definitiva chiusura) che in fatto di musica alternativa hanno le carte in regola per attirare amanti del genere, come agenti della DEA attratti invece da un carico di droga appena scaricato in un vecchio e dismesso magazzino a pochi passi dal famosissimo ponte sospeso, primo esempio di ponte in acciaio della storia.

I B Boys danno l’impressione di prendere la vita per come viene, non si dannano, per esempio, di trovare un titolo altisonante al loro secondo album. Se “Dada” era stato scelto per l’esordio, così, perchè il suono della parola scorreva piacevolmente, possiamo pensare che Dudu sia stato scelto per lo stesso motivo, un modo sbrigativo per togliersi di mezzo velocemente questa seccatura del titolo (ci sentiamo nel giusto escludere che il titolo dell’album sia stato ispirato dal nome del famoso cagnolino di Berlusconi, ormai troppo lontano dalle cronache mondane della Grande Mela). Ben quindici pezzi compongono la scaletta del disco, che possiamo definire “punk” visto che, da come si legge in giro, la loro musica viene associata a band storiche come Clash, Gang of Four e Wire.

Quindi le coordinate di genere sono queste, concordiamo, ma questo lavoro è tutt’altro che una copia (bella o brutta che sia) di quello che è già  stato scritto, suonato e cantato da illustri ma precedenti band. L’energia è il piatto forte della band che disdegna l’approccio melodico del cantato che assume prevalentemente la forma declamante con le voci di Avalos (soprattutto) e di Kerr a dare enfasi ai testi che, come spesso accade in questi casi, sono inni di protesta contro il mondo capitalista. Individui succubi dei social media e della velocità  con cui tutto si brucia (nel brano “In stant Pace” Brendon sottolinea questo lato della nostra vita quotidiana dove “siamo sopraffatti e oberati quando non possiamo dare un senso a questo mondo senza senso”). In effetti la particolarità  di questa band sono i testi molto diretti e ficcanti arricchiti da ritmi incalzanti e chitarre dal suono angolare e deciso.

I tour con Shame e Parquet Courts hanno probabilmente ispirato i ragazzi di Brooklyn in pezzi come “On Repeat” e “Ceremonies of Waste”, mentre “I Want”, ruvida e spigolosa, è una preghiera punk da recitare in un momento di crisi spirituale. La chitarra ipnotica di “Asleep/Awake” ci regala invece un altro momento da goderci in una serata con la luna piena a farci compagnia mentre sorseggiamo una fresca IPA dal gusto fruttato.
Una birra va sicuramente offerta ad Andrew Kerr per il magistrale contributo che dà  con la sua batteria sempre ingegnosa e brillante.

Ascoltiamo il loro consiglio, fermiamoci un attimo, lasciamo perdere tutto quello che ci circonda e ci costringe a correre con la mente (senza, per altro, andare da nessuna parte). E se vogliamo ricaricare le batterie con un sana voglia di spaccare il mondo in due, beh, volume al massimo e B Boys sul piatto, l’effetto è garantito.