Terzo album di Ben Cook, che con il moniker Young Guv sveste i panni del chitarrista della punk-rock band Fucked Up per potersi esprimere in questa sua versione pop, che senza timore di sbagliarci, sa manifestare piuttosto bene.

Il talentuoso artista di Toronto, nell’estate 2018, si è trasferito a Brooklyn, dove tra l’altro, nelle vicinanze, è ubicato lo studio di registrazione che utilizza nel suo ruolo di produttore. Non è un segreto che il canadese abbia scritto brani per Sum 41 e Taylor Swift rendendo molto curiosa questa sua duplice identità  di paladino del rock alternativo (dagli anni 90 frontman dei No Warning, Cook ha rappresentato una sorta di punto di riferimento nel panorama hardcore ed è sicuramente uno dei chitarristi più influenti del genere) e apprezzato songwriter di canzoni pop che possiamo ascoltare nei 23 minuti di GUV I. Attivo dal 2008 con vari singoli ed EP, GUV I è un album che colpisce per la freschezza dei brani, che ci riporta indietro nel tempo, ai gruppi inglesi dei tardi anni ’60, quelli che vennero poi identificati con la British Invasion fino al più eccentrico glam rock passando per Elvis Costello.

Ogni brano è una possibile hit, ritornelli contagiosi che arrivano direttamente al centro emotivo del “mi piace” senza troppe esitazioni. Una canzone deve creare emozioni, come ogni forma d’arte del resto: Young Guv (personalmente preferirei chiamarlo “Ben Cook“, anche se ricorda il nome di un pirata dei Caraibi) riesce in questa impresa riuscendo a creare stati d’animo contrastanti come in “Didn’t Even Cry” con la triste e malinconica melodia che pervade l’intero pezzo. Si sussuegono brani briosi e pimpanti: “Every Flower I See” potrebbe essere il brano che Liam Gallagher vorrebbe prendere e stravolgere alla sua maniera (per togliere al brano quell’ atmosfera alla Teenage Fanclub e quel romantico inizio del brano: “I whish to pick you every flower I see”). “Luv Always” ci riporta ai tempi dei primi R.E.M. con l’intro di chitarra che nemmeno Peter Buck
Aurora Shields (spesso collabora alla voce nei brani di Cook) apre le danze alternandosi alla voce nella opener “Patterns Prevail” mentre l’armonica di “A Boring Story” chiude l’album con richiami agli Housemartins nell’intro che poi scivola in un rilassato ritornello alla Fab Four fine carriera.

Usando le parole di Cook, l’album è “un’ode alla città  di New York”, fonte d’ispirazione continua ed inesauribile. Tristezza e felicità  si mescolano nelle varie scene di vita reale che puoi osservare dalla finestra del tuo piccolo appartamento. La solitudine che si manifesta interiormente anche quando vivi a contatto con milioni di altre persone è uno dei temi che Cook affronta in questo suo lavoro.
Un album che farà  impazzire gli inguaribili romantici che troveranno in GUV I l’album perfetto da piazzare la sera del primo appuntamento e se non tutto dovesse filare nel giusto verso, teniamoci a portata di mano l’ultimo dei Fucked Up, a mali estermi…