Uscirà  ad ottobre il nuovo album dei gallesi Stereophonics. Una carriera lunga che ha toccato vertici importanti, per poi stabilirsi su una dignitosa mediocrità , in cui ancora qualche ottimo pezzo fa capolino, insieme a mestiere, brani scritti col pilota automatico e riempitivi. Però, tra il dire e il fare siamo all’undicesimo album e tonfi drammatici e da dimenticare completamente non ne abbiamo ancora visti, ci sono carriere che naufragano molto prima e molto peggio. Sicuramente hanno trovato la loro strada: un sound esaltato dalla voce roca (alla Rod Stewart) di Kelly Jones, con il piglio rock intervallato anche da ballate toccanti che sono diventate un bel marchio di fabbrica della ditta e hanno superato momenti in cui la fine sembrava vicina (anche a detta dello stesso leader).
Una top 10 ci sembrava doverosa…

10 – GRAFFITI ON THE TRAIN

2013, da “Graffiti On The Train”

Ballata con archi epici. Toccante e semplice se vogliamo, ma impreziosita da un arrangiamento notevole e quell’assolo lascia il segno.

9 – DAISY LANE

2007, da “Pull The Pin”

Morbidissima e malinconica, con quel ritornello cantato quasi con voce svogliata. Un singolo assolutamente mancato.

8 – BEFORE ANYONE KNEW OUR NAME

2017, da “Scream Above the Sounds”

Ci manchi Stuart. Piano e voce: lacrime vere e sincere. Nostre e di Kelly nel ricordare un amico ormai scomparso da troppo tempo…

7 ““ CAUGHT BY THE WIND

2017, da “Scream Above the Sounds”

Classici e attenti al ritornellone. Gli Stereophonics quando vanno sul sicuro difficilmente sbagliano.

6 ““ DAKOTA

2005, da “Language. Sex. Violence. Other?”

Grossi voli pindarici dagli Stereophonics non se ne cercano, anzi, se lo facessero correrebbero il rischio di finire in orrende sabbie mobili. In un disco piacevolmente rock come “Language. Sex. Violence. Other?” notiamo qualche piccola variazione sul tema e la cosa non ci dispiace. “Dakota” ne è l’esempio con una taglio più secco, quasi new-wave.

5 ““ JUST LOOKING

1999, da “Performance and Cocktails”

La ballata peer eccellenza. Quella che ti da la pelle d’oca. Quella che cresce dopo gli arpeggi. Quella che esplode nel ritornello. Quella che gli Stereophonics trovano e resta brillante come una diamante nella discografia.

4 – IT MEANS NOTHING

2007, da “Pull the Pin”

Climax ascendente per una ballata semplice e scarna e ripetitiva (volutamente) eppure ancora una volta capace di racchiudere il mondo sonoro della band alla perfezione. Il crescendo del brano è assoluto e trascinante.

3 – NOT UP TO YOU

1997, da “Word Gets Around”

Mid-tempo eccelso per i ragazzi che, come sempre, cresce sempre più e Kelly con la sua voce graffiante tocca le corde giuste…

2 – LOCAL BOY In THE PHOTOGRAPH

1997, da “Word Gets Around”

Il primo brano degli Stereophonics che ascoltai una vita fa. Ne parlavano già  da un po’ di questi ragazzi gallesi su NME e Melody Maker e il mio battesimo con loro fu proprio con questo instant classic. Una botta emotiva pazzesca. Boom.

1 – THOUSAND TREES

1997, da “Word Gets Around”

Che meraviglia. Che melodia limpidissima, che brano incalzante.

BONUS TRACK: HAVE A NICE DAY

2001, da “Just Enough Education to Perform”

Solo bonus track? Eh si. Lo ammetto, detesto sto pezzo, ma non posso non inserirlo, visto che tra pubblicità  e vari passaggi radiofonici è quello che ha garantito (e garantirà ) la pensione felice ai nostri. Banalotta canzone che ha fatto il botto. Tutto qui.

Photo Credit: Alex Const (Foto presa da Wikimedia Commons)