Aspetti positivi: i ritorni sono sempre graditi. Specie se le cose che più si ricordano negli ultimi anni circa la band di Sunderland sono l’auto-dichiarata malattia mentale del frontman Barry Hyde e un ultimo album, “Rant” del 2012, che con quella esecuzione a cappella aveva fatto storcere il naso un po’ a tutti, fan della prima ora o meno.

“Powers” torna ad essere un album guitar-driven, con buoni inneschi elettrificati e la giusta carica esplosiva. E  brani come “Jekyll”, “Animus” ed “Electric Shock”, con le sue venature sintetiche new wave, sono anche momenti di effettivo valore.

Aspetti negativi: per quanto la scrittura sia sicuramente più matura (e le esperienze sul proprio stato di salute di Hyde sono spesso in primo piano), è in genera asfittica, raramente cattura l’ascoltatore. Le chitarre graffiano, ma riff ed assoli sono lontani dall’essere così trascinanti come agli esordi. Cori, coretti e melodie non sono certo in sè stucchevoli, ma è  la lunghezza dell’album (oltre 43 minuti) che finisce per, specie nella seconda metà , fare accartocciare l’album su se stesso giacchè, più che fluidità , non trova nè picchi, nè stuzzicanti  cambi di passo, tantomeno momenti degni di particolare nota.

Restiamo ottimisti e speriamo che la strada sia stata ritrovata davvero: adesso però è il momento di dare valore all’indole,  non perdendo l’ispirazione, agganci ed efficacia artistica. Perchè fare la fine di compagni di avventure di ormai qualcosa come 15 e più anni fa (Maxà¯mo Park e contubernali) è più facile di quanto si sarebbe potuto al tempo immaginare.