I R.E.M. sono stati una band fondamentale per la musica rock degli anni Novanta; dopo una serie di ottimi album underground, dopo il boom commerciale di lavori come “Out Of Time” nel ’91 e “Automatic For The People” nel ’92, pubblicarono, esattamente venticinque anni fa, un disco, che oltre a rappresentare il loro ritorno verso sonorità  più rock, diventerà  un vero e proprio riferimento per quella generazione di musicisti che hanno iniziato a muovere i loro primi passi negli anni Novanta.

“Monster” è un album asciutto ed è innegabile che abbia risentito delle sonorità  grunge in auge in quegli anni ed anche dal punto di vista del linguaggio utilizzato, delle tematiche affrontate, tende a divergere da quello che era stato il background della band di Athens e dalle sonorità  acustiche dei lavori di maggior successo. Forse questo è il motivo principale per cui molti fan della prima ora non hanno mai amato ed apprezzato “Monster”, ritenendolo eccessivamente contaminato, sporco e troppo distante dalle atmosfere più lineari e pulite del passato.

Resta comunque un passaggio unico nella carriera dei R.E.M., le distorsioni di “Monster” non sarebbero più tornate nei lavori successivi, ma quelle frequenze che ci entrano nella testa, che mettono sottosopra le nostre vite e che permettono ai media di controllarci e monitorarci, sarebbero divenute, col tempo e con gli ascolti successivi, sempre più intense ed insistenti. Se “What’s the Frequency, Kenneth?” volge lo sguardo verso un prossimo futuro, dominato dall’occhio onnipresente della Rete Globale, e lo fa in modo quasi canzonatorio, nascondendo dietro l’ironia ed il divertimento, la preoccupazione per qualcosa che, indubbiamente, già  nel ’94 era evidente che ci stesse sfuggendo di mano, “Let Me In” è intrisa del presente, dell’angoscia che si impadronisce del nostro animo quando ci rendiamo conto di aver perso ciò che era fondamentale e comprendiamo che le nostre stesse parole, le promesse che abbiamo fatto a noi stessi e agli altri ora non possono più essere mantenute.

è una trasposizione in versi e musica di ciò che è l’addio, di quella voragine che si apre all’improvviso nei nostri cuori e nelle nostre menti, del senso di impotenza che si impadronisce di te quando comprendi cosa sta accadendo, cerchi un varco, tenti di entrare in una dimensione da cui sei stato cacciato, ma tutto risulta vano ed inutile. Quelle poche parole “hey, let me in” non sono più rivolte a Kurt Cobain o River Phoenix, ma continuano a risuonare nelle stanze vuote e polverose del nostro subconscio, come se ora esse fossero rivolte a noi stessi e ci invitassero a fermarci, a valutare ciò che stiamo perdendo lungo il cammino oppure ciò a cui, per convenienza o sconforto o follia, decidiamo, erroneamente, di rinunciare per sempre.

“Monster” è, quindi, un album tutto da riscoprire, soprattutto alla luce di ciò che accadde in quegli anni; ha il sapore amaro della sconfitta, la consapevolezza della perdita dell’innocenza, la chitarra distorta di Peter Buck e le parole di Michael Stipe non saranno mai più così oscure come in questo preciso momento storico, una fase nella quale vennero prese scelte politiche, economiche e sociali che avrebbero comportato effetti stravolgenti sui decenni successivi.

Pubblicazione:  27 settembre 1994
Durata:  49:12
Dischi:  1
Tracce:  12
Genere:  Alterrnative Rock
Etichetta:  Warner Brothers
Produttore:  Scott Litt, R.E.M.
Registrazione:  ottobre 1993 ““ maggio 1994

1. What’s the Frequency, Kenneth?  – 4:00
2. Crush with Eyeliner  – 4:38
3. King of Comedy  – 3:41
4. I Don’t Sleep, I Dream  – 3:28
5. Star 69  – 3:08
6. Strange Currencies  – 3:53
7. Tongue – 4:13
8. Bang and Blame – 5:31
9. I Took Your Name – 4:08
10. Let Me In  – 3:28
11. Circus Envy  – 4:15
12. You  – 4:54