[ndr: dura la vita di chi cerca le date esatte di uscita degli album. In alcuni i casi Wikipedia aiuta, in altri scombina i piani, mettendo anche date diverse. Per questo album dei Galaxie 500 abbiamo già  realizzato un articolo celebrativo, datato 1 settembre, data di uscita riportata anche sul Bandcamp del gruppo, ma Wikipedia e altre fonti citano il 20 ottobre 1989 come data di uscita. E allora? Beh, nessun problema, altro articolo. Perchè limitarsi a un pezzo solo per un disco così bello?]

Ci sono gruppi bellissimi. Esistono, ma spesso vengono ignorati durante la loro parabola per poi essere riscoperti e apprezzati diventando la colonna sonora di qualcosa che manca nel tempo nel quale viviamo e loro, dal passato, riempiono quel vuoto. I Galaxie 500 sono uno di quei casi. Nel 1989 l’indie rock o l’underground, come vogliamo chiamarlo, sta nascendo e inizia a farsi vivo e a toccare i cuori di pochi appassionati. Naomi Yang (basso), Damon Krukowski (batteria) e il neozelandese Dean Wareham (chitarra e canto) formano la loro prima band a New York e dopo aver pubblicato “Today” nel 1988, danno alle stampe, un anno dopo, il loro capolavoro sotto etichetta Rough Trade: “On Fire”. In cinquanta minuti il trio condensa echi di Velvet Underground, Nick Drake e Leonard Cohen uniti al post punk e a un proto emocore che troverà  grande respiro dopo poco in bands quali Codeine, Rex e Him. “Blue Thunder” è dolcissima e desolante all’inizio per poi esplodere nella doppia voce di Dean e Naomi e cullarci fino alla fine. “Tell Me” segue il primo brano con Dean che continua il suo falsetto angelico mentre la chitarra è esangue. Il mood è sempre lo stesso: malinconia e delicatezza, come un fiume che scorre placido al chiaro di luna.

“Snowstorm” ci offre la voce di Dean in lontananza, come un pianto lacrimevole e desolato sorretto dalla chitarra monotematica e da un basso languido. “Strange” sembra un pò western e appena appena più energica. I Galaxie non hanno un linguaggio vario, non hanno tante direzioni stilistiche sulle quali fondare un’impalcatura, ma giocano coi colori, con i vuoti e con l’emotività  delle melodie vocali e della violenta e struggente ripetitività  delle note; questo è il loro punto di forza. Colpiscono al cuore e “Another Day” lo dimostra appieno. Qui è Naomi che canta con la sua angelica voce appena sorretta da un tappeto musicale minimale e appositamente tenuto sotto. Il risultato è un diamante purissimo incastonato nel buio più buio che c’è.

E avanti così, sino alla fine, con gemme come “Plastic Bird” e “Leave the Planet”. Da menzionare la cover di “Isn’t a Pity” di George Harrison e di una devota e catatonica “Ceremony” dei New Order. Il 20 ottobre sono giusto trent’anni da quest’album e quello che ritroviamo sono piccole poesie sonore, anticipatrici di tante bands e anche di un certo shoegaze alla Pale Saints per intenderci. La storia dei Galaxie 500 durerà  ancora per un altro album per poi finire per sempre e a noi non resta che un piccolo tesoro da riscoprire.

Pubblicazione: 20 ottobre 1989
Durata: 51:00
Genere: Dream pop, Shoegaze
Etichetta: Rough Trade
Produttore: Mark Kramer
Registrazione: Noise NY studios

Tracklist:

Blue Thunder – 3:45
Tell Me – 3:50
Snowstorm – 5:10
Strange – 3:16
When Will You Come Home – 5:21
Decomposing Trees – 4:05
Another Day – 3:41
Leave the Planet – 2:40
Plastic Bird – 3:15
Isn’t It a Pity (George Harrison) – 5:10