Lungi dal diventare i protagonisti della hottest band in the world, nell’agosto del 1974 i giovani KISS si rintanarono in uno studio di registrazione losangelino per dar forma al loro secondo album. Non erano trascorsi che sei mesi dalla pubblicazione del debutto omonimo, le cui miserrime vendite fecero preoccupare non poco Neil Bogart e la sua Casablanca Records; un’etichetta in fase poco più che embrionale ma già  in odore di bancarotta.

Il modo migliore per evitarla? Far lavorare come schiavi questi quattro newyorchesi tanto truccati quanto ambiziosi, nella speranza di fare il colpaccio con il disco giusto. Quello in grado di conquistare un folto numero di appassionati dell’hard rock più rumoroso e glitterato. Di dare la spinta decisiva alla carriera di un gruppo che offriva spettacolari concerti da superstar di fronte a platee di poche decine di persone.

“Hotter Than Hell” non fece nulla di tutto questo. Andò persino peggio del suo predecessore, che almeno un po’ di copertura mediatica l’aveva ottenuta. Fu un fallimento quasi annunciato: da fretta, approssimazione e scelte di produzione sbagliate non può venir fuori un successo commerciale. L’incontro con gli eccessi e i piaceri della California, ben testimoniati dalle splendide fotografie kitsch piazzate nel retrocopertina, portò però alla nascita di un suono decisamente molto sporco e melmoso, a tratti persino lurido.

Un suono cupo, pesante e a bassissima fedeltà : caratteristiche alquanto inedite in ambito glam. All’epoca non piacque particolarmente, ma negli anni ’90 ““ decennio che fu dominato da artisti cresciuti a pane e KISS ““ trovò svariati estimatori. Su tutti Melvins e Dinosaur Jr., che resero omaggio a “Hotter Than Hell” reinterpretando a modo loro quella che non è solo la prima, ma anche la migliore ballad mai scritta dal “demone” Gene Simmons: sto parlando di “Goin’ Blind”, il cui testo narra l’amore impossibile tra un novantatreenne e una sedicenne (!).

E le stranezze non finiscono qui: “Got To Choose” e “Watchin’ You”, per non parlare poi della granitica “Strange Ways”, sono talmente lente e sature di elettricità  da sfociare involontariamente nello stoner. Se la title track e “All The Way” rappresentano l’anello di congiunzione tra il  blues rock dei Free e il “riffocentrismo” hard degli AC/DC, la devastante “Parasite” guarda dritta verso il futuro dell’heavy metal. Allucinante l’assolo di Ace Frehley: un frastuono cosmico che avrebbe fatto da scuola a due tra i suoi più brillanti “allievi”, ovvero Tom Morello e Dimebag Darrell.

Le briose “Mainline” e “Comin’ Home”, affidate rispettivamente alle ugole di Peter Criss e Paul Stanley, vorrebbero essere le parentesi pop del disco, ma sono così assordanti da rasentare il caos. Discorso simile per la sfrenata perla simmonsiana “Let Me Go, Rock “‘n’ Roll”; in questo caso però la confusione non è frutto di errori di produzione, ma un punto di arrivo. In appena due minuti e quindici secondi, il pezzo attraversa i cieli di Chuck Berry, Led Zeppelin e T. Rex per approdare nei territori ancora inesplorati del proto-punk.

A quarantacinque anni dalla sua pubblicazione, i limiti e i difetti che determinarono il flop di “Hotter Than Hell” sono diventati pregi. L’attitudine lo-fi dei KISS degli esordi segnò la via per tanti generi e stili del futuro, in primis alt rock e grunge. C’è un motivo per cui tanta gente tende a sminuire l’importanza di questa band: non ne ha mai ascoltato una singola nota. Non giudicate dalle apparenze: andate oltre il trucco, le maschere, i costumi, i playback di un Paul Stanley ormai afono e le sparate sempre più frequenti di Gene Simmons.

KISS ““ “Hotter Than Hell”
Data di pubblicazione: 22 ottobre 1974
Tracce: 10
Lunghezza: 33:02
Etichetta: Casablanca Records
Produttori: Kenny Kerner, Richie Wise

Tracklist:
1. Got To Choose
2. Parasite
3. Goin’ Blind
4. Hotter Than Hell
5. Let Me Go, Rock “‘n’ Roll
6. All The Way
7. Watchin’ You
8. Mainline
9. Comin’ Home
10. Strange Ways