Attivi dal 1993, i Jimmy Eat World sono, a tutti gli effetti, una di quelle band che è impossibile non citare quando si parla di emo-rock (la seconda ondata degli anni ’90). Che poi le etichette lascino il tempo che trova, ok, ci sta, ma il termine emotività  non può davvero essere disgiunto dai dischi di Jim Adkins e compagni. Una carriera lunga, che, proprio nel 2019, tocca il decimo capitolo con l’album “Surviving” e questa uscita ci da l’assist perfetto per la nostra consueta top 10. Non vi scandalizzate se non troverete brani dai primi due album della band, l’omonimo “Jimmy Eat World” e “Static Prevails”, due lavori che servono giusto a mettere le prime basi al futuro sound “made in Jimmy Eat World” ma che, ancora, non presentano, a mio avviso, nulla che possa ritenersi davvero personale, sebbene qualche brano lo riascolto pure con gran piacere.

LEAN

2013, da “Damage”
Lo stile inconfondibile, chitarre, melodia, quel giusto equilibrio tra ritmica e Jim, che entra con il suo perfetto cantato incisivo. Adoro i sali/scendi classici della band, sempre studiati alla perfezione.

MIXTAPE

2010, da “Invented”

Maybe we could put your tape back on
Rewind until the moment we went wrong
I was always just a little bit lost
Knowing what I do, I should’ve fought

Quante volte avremmo voluto dire queste cose, quanto volte le abbiamo pensate? Jim è li, lo fa per noi, ancora una volta. Questa batteria che picchia, che ci colpisce in faccia, nel cuore, che scandisce il tempo come un orologio che vorremmo fermare, vorremmo poter far tornare indietro. Ma non ce la facciamo, mentre tutto scorre, veloce come quel nastro ricco di quelle canzoni magiche che un giorno facemmo per l’altra persona…

CARRY YOU

2007, da “Chase This Light”
L’acustica che traccia la linea guida e poi la band che si muove quasi in punta di piedi, con una grazia elegantissima e una frase che rimbomba nell’aria: “I could never be the one that you want, don’t ask.

WORK

2004, da “Futures”
Dall’arpeggio iniziale ai coretti, alla voce di Jim, al bridge con la chitarra che entra, al ritornello, all’assolo: una canzone costruita in modo superbo. Cosa altro si può dire?

KILL

2004, da “Futures”
Jimmy, immensamente Jimmy. Il modo in cui entra il ritornello qui è qualcosa di pazzesco. E’ una mano felicissima quella della band in questo “Futures”, ma il bello è che, in un livello altissimo di base, ci sono ancora dei picchi in cui l’aria si fa rarefatta dal vertice che ci sta toccando.

BLEED AMERICAN

2001, da “Bleed American”
Boom, ecco la botta. Il colpo in faccia. La sberla che ti riporta alla realtà . I Jimmy solidi, rocciosi, duri e incisivi.

HEAR YOU ME

2001, da “Bleed American”
Le lacrime arrivano, naturali, come se piangere per una canzone fosse la cosa più bella e sincera del mondo e, tutto sommato, dovrebbe davvero essere così. Una canzone che arriva al cuore. I Jimmy lo sanno fare. Lo fanno. In un disco intenso e carico come “Bleed American”, ecco il momento da pelle d’oca…

TABLE FOR GLASSES

1999, da “Clarity”
L’inizio di uno dei dischi più belli del mondo, “Clarity”, è con questa perla che ci culla e ci predispone mentalmente a lasciarci andare: aprite il cuore, aprite la mente, preparatevi a sentire le mani che tremeranno, preparatevi a fare i conti con i vostri sogni, con le vittorie e le sconfitte, con i fallimenti e le vittorie, fare i conti con voi stessi e con chi vi sta a cuore. Per ogni momento i Jimmy hanno la colonna sonora ideale. Il lavoro sulle voci di questo brano è magnifico a dire poco.

LUCKY DENVER MINT

1999, da “Clarity”
La traccia per ogni mid-tempo dei Jimmy è in questo brano, che racchiude proprio il loro gusto, quella via che poi sarà  indicativa, più o meno e con certe tipologie di brani, anche negli album successivi. Qui la mano è felicissima e la scrittura è ispirata a dire poco.

12.23.95

1999, da “Clarity”
Se l’emo ha un suono, beh, io credo sia questo, quello di questo brano e della lunghissima e struggente chiusura di “Goodbye Sky Harbor” (altra canzone su cui ci sarebbe da buttare giù un trattato e che non includo nella top solo perchè mi tremano le mani a scriverne). Ci metterei anche i primi due di Dashboard Confessional, ma ne parleremo a parte, un giorno. Sta di fatto che ogni 23 dicembre io mi ascolto questo pezzo. Questa ritmica basilare, questi arpeggi e penso…ora è davvero Natale, solo adesso che sento Jim dire: “Merry Christmas”…

BONUS TRACK: FOR ME THIS IS HEAVEN

1999, da “Clarity”

Questo brano va in bonus track perchè non può essere catalogato come “semplice canzone“. Qui si va oltre. Qui siamo davvero al paradiso. La perfezione assoluta. Un pomeriggio credo di aver ascoltato la canzone per 3 ore di fila, in versione repeat, incapace di spegnere lo stereo, incapace di parlare e incapace di fare qualsiasi cosa se non ascoltare questa magia. A tutt’oggi non riesco a descriverla, perchè quello che mi provoca a livello emotivo ed emozionale è indescrivile. “Can you still feel the butterflies? Can you still hear the last goodnight?“. L’apice di una carriera è qui.