La morte di Kim Shattuck ad appena cinquantasei anni, conseguenza della sclerosi laterale amiotrofica di cui soffriva, getta una strana nostalgica luce su “No Holiday” primo album dei suoi The Muffs in cinque anni. Disco postumo che non doveva essere tale, a cui la Shattuck si è dedicata anima e corpo, raccoglie brani scritti dal 1991 al 2017 abbracciando tutta la carriera di una musicista che non ha mai avuto paura di esprimere la propria opinione, spesso controcorrente.

L’affetto e l’affiatamento tra il bassista Ronnie Barnett, il batterista Roy McDonald e Kim Shattuck è chiaro, evidente e cristallino in questi quarantaquattro minuti di musica rabbiosa, dolce e per nulla arrendevole. E’ fatto di attimi, momenti da ricordare “No Holiday”.

Kim Shattuck che si schiarisce la voce prima dell’inizio di “Too Awake, l’orecchiabilità  scanzonata di “Sick Of This Old World”, “Pollyanna”e “Earth Below Me”. Il ritornello di “Down Down Down” urlato con gioia punk, la grintosa melodia di “Late And Sorry”, “The Kids Have Gone Away” e il pensiero corre a “Kids in America” amata / odiata cover del brano di Kim Deal che ad oggi resta purtroppo l’unico successo “mainstream” dei The Muffs.

La voce di Kim Shattuck è roca, sofferente ma fiera. Coraggiosa quando passa da ritmi più sostenuti a brani riflessivi come “A Lovely Day Boo Hoo” o completamente acustici (“The Best”, “Sky”) divertendosi spesso con armonie ben orchestrate (“To That Funny Place”). Il lato più rock dei The Muffs si esprime appieno in “You Talk And You Talk”, “Lucky Charm”, “On My Own” oltre alla già  citata “The Kids Have Gone Away”.

Assurdo pensare che solo nel 2014 con “Whoop Dee Doo” siano tornati a gustare quel briciolo di successo oltreoceano che avevano appena assaggiato a metà  anni novanta con “Lucky Guy”, “Big Mouth” e “Sad Tomorrow”. Fortunatamente l’affetto del pubblico non è mai mancato.

“No Holiday” trova tranquillamente posto a fianco di “The Muffs”, “Blonder And Blonder”, “Happy Birthday To Me” e il legame tra passato e presente è rafforzato dalla presenza di Karen Basset dei The Pandoras (altra band in cui Kim ha militato) di Kristen Shattuck ai backing vocals e di Melanie Vammen (che faceva parte della formazione originaria dei The Muffs) alle tastiere. L’inchino finale, il canto del cigno di una band allergica ai compromessi.

Credit foto: Kim Shattuck