di Fabio Campetti

Freschi della pubblicazione del nuovo disco “Giants of all sizes”, il sesto in cassaforte, gli Elbow scelgono proprio l’Alcatraz di Milano come data zero del loro nuovo tour che li porterà  in giro in Europa, in questo fine decennio, per darsi poi appuntamento al 2020 con il proseguo delle date, possibile ritorno anche da noi nella stagione bella, bissando il concerto dello scorso Luglio al Lucca Summer festival insieme ai New Order.

Come già  scritto nella recensione dell’ultima fatica, gli Elbow sono i fratelli maggiori o minori, a seconda dei punti di vista, dei Coldplay, quelli che però hanno deciso di mantenere integra la propria identità  artistica, camminando a un metro da terra per le scelte, da intoccabili, fatte finora; mai un compromesso pacchiano e sempre tanta qualità , pur non rinunciando ad essere fruibili e a volte anche popular, fieri di stare ancora qui dopo quasi vent’anni di onorata carriera discografica, godendo di ammirazione, stima incondizionata e di uno zoccolo duro di fan che li segue dagli albori.

Definiti più volte, anche dal sottoscritto, un gruppo raffinato, elegante e pignolo nella scelta degli arrangiamenti e della produzione in generale, live sono una macchina perfetta, una squadra che in campo si conosce a memoria, dei veri amici con il piacere di abitare insieme il pianeta musica; fatte le doverose premesse veniamo alla serata milanese, la setlist, come già  annunciato nella splendida e curiosa intervista telefonica che Mark Potter (chitarrista della band) ha rilasciato al nostro Antonio, va a pescare 5 brani dall’ultimo album ma anche i più significativi dalle puntate precedenti, quindi non possono mancare le bellissime “Fly boy blue _ Lunette”, “Magnificent (She Says)” o “Ground The Divorce” , le magnetiche “The Bones In You” e “Little Fiction” (Piccola hit radiofonica anche sui nostri network), il tutto mischiato all’artiglieria pesante dell’ultimo nato, da “Empires”, episodio che rimarrà  ai piani alti della discografia Elbowiana, la “Led Zeppellin oriented” “Dexter & Sinister” in apertura, “Weightless” invece a chiudere la prima parte e un classico marchio di fabbrica in chiave ballata come “Seven Veils” o la rumorosa”White Noise White Heat”, in mezzo ancora tanta grazia come “My Sad Captain” da “Take Off And Landing Everywhere” e “Lippy Kids” da “Build A Rocket Boys!”, curiosamente il brano che tutti gli Elbow sceglierebbero come il più rappresentativo per il loro percorso (sempre a detta di Mark); per l’ultimo bis scelgono invece “One Day Like This” in versione singalong con il pubblico.

Guy Garvey impeccabile, istrionico, un Oscar Wilde della canzone moderna, ma anche molto simpatico e assolutamente uno di noi. La pignoleria di cui accennato sopra arriva anche al live, tutto preciso, perfetto e professionale, che potrebbe far pensare ad un concerto noioso e invece l’esatto opposto, divertente e un’ora e tre quarti letteralmente volata; come già  detto su queste pagine, una band da tenersi stretti stretti.

P.S. In apertura Pet Deaths, combo londinese post folk, interessanti e applauditi.