Anno d’oro questo 2019 per i fenomeni del gentil sesso. Dal sicuro candidato a disco dell’anno per Lana Del Rey, al gioiellino eighties di Bat For Lashes, passando per le ultime perle di Angel Olsen e Kim Gordon.

In attesa di scoprire cosa ci riserveranno, inoltre, Agnes Obel e Torres con i rispettivi album, anticipati dagli ottimi singoli “Island of doom” per la musicista danese e “Good Scare” per la songwriting della Florida, oggi esaltiamoci per questa nuova fatica della canadese Little Scream, all’anagrafe Laurel Sprengelmeyer.

La polistrumentista di Montreal si è presentata al grande pubblico con il prodigioso album d’esordio “The Golden Record”, registrato in collaborazione con alcuni membri dei The National (insieme ai quali, peraltro, la Nostra ha prestato la voce nell’album “High Violet” della band di Cincinnati) e insieme al produttore degli Arcade Fire nonchè suo marito, Richard Reed Parry.

Uscito il 25 ottobre scorso su Merge Records, “Speed Queen” ha il compito di dare il rispettoso seguito al sofisticato “Cult Following” del 2016, caratterizzato anch’esso da un bel curriculum di collaborazioni quali Sufjan Stevens, la bravissima Sharon Van Etten, ancora i fratelli Dessner dei The National, e Kyp Malone dei TV on the Radio.

Il nuovo album, elaborato e scritto durante il lungo tour americano di “Cult Following”, è un insieme di melodie indie-pop magnificamente realizzate abbinate alla strabiliante voce della Sprengelmeyer, un artista dalle molteplici sfaccettature che si riverberano in maniera lineare ed ellittica in tutti i brani del disco.

La penna della canadese è colta e arguta e si dipana tra temi sociali importanti, quali la mancanza di attitudine dei ceti benestanti nel riconoscere i bisogni altrui, raccontati nel sound “poppegiante” di “Privileged Child” (But poverty’s a feeling money just can’t buy/Go hang your head and cry/You privileged child”) ovvero nel toccante avvilimento contenuto nel nuovo singolo “Disco Ball” (“So I sold myself to the American dream/I got a predatory loan with my spirit on lien/They say “you can make it if you try”/Then they’ll stand around watching you dying).

Ma è soprattutto nel rilassante splendore di “Dear Leader”, scelto come opener del disco, che la Sprengelmeyer esprime il proprio malessere e la propria delusione nei confronti della politica di Trump: “Now all those racists who would kill for their law and order/Can go ahead and build their walls on every single border/Build them right between the hands of a mother and daughter/You can fix that little girl up but after you’ve bought her”.

Il video ufficiale di “Dear Leader” è stato girato con vari filmati di protesta insieme al documentarista Shannon Walsh   e con i contributi/cameo di   artisti come Arcade Fire, The National, Superchunk, Holly Miranda, Leif Vollebekkk, Mèlissa Laveaux e altri.

Nonostante le parole siano intrise di pessimismo, la voce di Sprengelmeyer dona ai brani un calore e una leggiadria spiazzante che raggiunge il picco negli altri testi dell’album che, invece, raccontano d’amore e dove si marca la capacità  compositiva della canadese.

Il disco si rivela un variegato contenitore di generi ed influenze che l’artista di Montreal ha saputo ben amalgamare, dove il mood anni 80 di “One lost time” e di “Still life” ““ che ricordano in maniera impressionante l’ultimo lavoro di Bat For Lashes ““ trova sollievo nelle placide melodie indie pop di “Don’t wait for it” e soprattutto nella title track “Speed Queen”, avvolta da un’atmosfera misteriosa, quasi magica.

Se i synth presenti in “Forces of Spring” e “No More Saturday Night” generano curiose note che sconfinano nell’art-pop e disco-glam, è in “Switchblade” che la naturalizzata canadese raggiunge in questo lavoro, a parer mio, l’apice del suo esorbitante talento.

La varietà  degli arrangiamenti è di pregio, tanto nella sezione sussurrata quanto in quella del refrain che confluiscono in un breve e corposo assolo di sassofono che chiude il brano in dissolvenza.

Se l’ottimo “The Golden Record” ha manifestato il potenziale della cantautrice canadese e “Cult Following” ne è stata la conferma, quest’ultimo “Speed Queen” ha completato il puzzle aggiungendo quel ricco tassello che rende Little Scream un’artista completa e versatile dalla quale ci si può aspettare solo una carriera ricca di certezze.

O almeno questo è l’auspicio.