Non poteva non terminare nel 2011, “1994”. Dopo averne lentamente esplorato l’ascesa nel corso di tre stagioni, il gran finale della serie doveva necessariamente immortalare la caduta di Berlusconi. Per chiudere un cerchio e un epoca, per rimarcare quanto la sua eredità , nel bene o nel male, sia stata duratura e significativa.

Si tratta purtroppo della stagione più fiacca, a tratti davvero moscia del serial ideato da Stefano Accorsi, dove troppo spesso le vicende romanzesche dei protagonisti la fanno da padrone molto più che i fatti reali. Viene peraltro a cedere, molto spesso, la separazione tra questi ultimi e quelli reali. Mentre nelle scorse stagioni, i vari Notte e Bosco agivano nelle retrovie e sarebbero tranquillamente potuti non esistere nell’economia dei fatti storici esplorati, qui diventano rilevanti, prendono o influenzano decisioni cruciali per la storia dell’Italia. Dopo la maggior misura utilizzata, da questo punto di vista, nelle altre stagioni, ora il fatto un po’ stona e puzza di pigrizia in sede di sceneggiatura.

E’ la peggiore anche la colonna sonora; molto oziosa, ridotta a classici banalissimi e con alcune band (Soundgarden e Portishead) che appaiono addirittura due volte. Oro che cola in prima serata in Italia, ma nelle serie precedenti sbucavano fuori i cazzo di Buffalo Tom

Mosca bianca è l’episodio numero 5, sfocato dal sole, annebbiato, onirico, felliniano, ambientato in una Villa Certosa peccaminosa e surreale, dove tra una coppa di champagne e una esibizione di Smaila vengono decise le sorti del governo. Qualcuno muore addirittura, ma nessuno se ne accorge.

Straordinaria al solito parte del cast, riservo infatti grande curiosità  sulle future prove di due attori enormi come Caprino e Gerardi (il suo Antonio Di Pietro rimane una delle interpretazioni più grosse degli ultimi dieci anni televisivi).