è un esplicito invito alla rivoluzione quello che ci viene lanciato dai Refused nelle dieci tracce di “War Music”. Il quinto album realizzato dalla band svedese arriva a poco più di quattro anni di distanza da quel “Freedom” cui toccò il non facile compito di riaprire una storia interrottasi non solo precocemente, ma anche sul più bello. Nel 1998 la forza esplosiva di “The Shape Of Punk To Come” travolse e cambiò per sempre il post-hardcore, infiltrandosi lentamente nel codice genetico di decine e decine di epigoni. Una deflagrazione di genialità  che finì per consumare il gruppo, la cui avventura si chiuse con un tremendo tour statunitense ben documentato nel film “Refused Are Fucking Dead”.

La reunion del 2014 ha permesso a Dennis Lyxzèn e compagni di uscire dalla dimensione del culto e rimettere i piedi nel mondo reale. Ma a che prezzo? L’antico fuoco, almeno sul piano musicale, non brucia più con il vigore di una volta. Restano l’impegno politico e la potenza dei testi, che nel nuovo “War Music” trattano principalmente di due temi: la crescita dell’estrema destra e il rischio, sempre più tangibile, della nascita di una forma di autoritarismo fondata sul modello della cosiddetta democrazia illiberale di putiniana memoria.

I Refused affrontano gli spettri che tormentano l’occidente con lo spirito barricadero di chi sa che non tutto può essere risolto limitandosi a porgere l’altra guancia. Il quintetto si scaglia contro le provocazioni dei seminatori di odio e dei falsi paladini del popolo che angustiano le nostre giornate con le liriche incendiarie di “REV001” e “I Wanna Watch The World Burn”; gli strascichi garage portati in dote da Lyxzèn e dall’esperienza con gli (International) Noise Conspiracy si fondono con un’inedita vena post-punk e un’attitudine indie rock che tende a smussare i toni.

Tra gli episodi migliori del disco vi sono le energiche “Violent Reaction”, “Damaged III”, “Turn The Cross” e “Blood Red”, caratterizzate dai riff tortuosi della chitarra di Kristofer Steen e da un ritorno all’hardcore più viscerale e rabbioso. Per il resto, i brani di “War Music” si muovono in territori sicuri, senza quindi ricorrere a quegli esperimenti che trasformarono “The Shape Of Punk To Come” in un prodigio. I lupi alla porta descritti in “Malfire” sfondano solo nei secondi finali; “Death in Vännäs” si fa notare quasi esclusivamente per una linea di synth che fa da collante tra la strofa e il ritornello.

I veri pugni allo stomaco i Refused ce li rifilano in chiusura, con una “The Infamous Left” che si erge a inno di rinascita per una sinistra oltraggiata da politicanti inetti e una “Economy Of Death” che, filtrando pesantemente con il metal, ci lascia con un terribile (ma plausibile) monito per il futuro: You’re so fucked. Un passo indietro rispetto al precedente “Freedom”? Forse sì, ma il lavoro funziona e si fa ascoltare che è una bellezza. Pollice in su per questi canti di guerra.