è una pubblicità  di H&M? è un fermo immagine tratto da un film fantasy ambientato sulla Route 66? No: è la copertina di “Dream Girl”, il secondo album della cantante norvegese Anna of the North. Trasformatasi in una creatura fatata, con orecchie da elfo e ali da angelo, la giovane promessa dell’indie pop sembra osservare l’obiettivo della macchina fotografica con occhi pieni di sicurezza.

Le braccia conserte valgono più di un semplice indizio: questi tredici brani sono una vera e propria sfida all’ascoltatore. A lanciarla è un’artista che, complice l’accoglienza positiva registrata un paio di anni fa con l’esordio intitolato “Lovers”, coltiva giustamente ambizioni di un certo livello. Il suo è uno sguardo molto intenso, che sembra dire: «Sentite un po’ quanto cavolo sono brava».

E in parte ha anche ragione: ad Anna Lotterud (questo è il suo vero nome) non mancano talento e classe. L’indie pop elettronico, raffinato e leggermente rètro di “Dream Girl” intriga grazie a una produzione cristallina e ad arrangiamenti minimali ma ricercatissimi, in linea con i trend del momento.

Fragile e sottile com’è, la voce di Anna of the North si esalta sulle note soffici e suadenti di una title track dal gusto soul, di una “Time To Get Over It” che recupera timidamente i suoni del synthpop anni ’80 e di una “My Love” aggraziata da deliziosi coretti appiccicosi, neanche fossero caramelle.

Tre i momenti chiave del disco, ovvero quelli in grado di restare impressi in testa: la funkeggiante “Lonely Life”, che deve più di qualche idea ai Jamiroquai, la deliziosa “Thank Me Later” e una “Used To Be” ricca di riferimenti al miglior R&B di matrice “’90s. Tutto il resto non è noia, ma puro mestiere: la Anna of the North di “Dream Girl” non abbandona praticamente mai la sua comfort zone, dove a regnare incontrastato è un senso di rassicurante già  sentito. Un album carino: niente di più, niente di meno. La sfida resta aperta.