#10) LANA DEL REY
Norman Fucking Rockwell!
[Polydor / Interscope]
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L’artista statunitense non ha bisogno di dimostrare le sue doti, ormai è chiaro. Sebbene il sound dell’album non si discosta da quanto ascoltato con le precedenti produzioni, i momenti rap/trap/trip hop si affievoliscono lasciando spazio più all’indie-pop “d’autore”. Settanta minuti per quattordici brani malinconici attraverso i quali Lana racconta un’America triste. Sono diversi gli episodi memorabili, dai dieci minuti di “Venice bitch” a “Cinnamon girl”, da “How To Disappear” a “The Greatest”. La prova della maturità  la newyorkese l’ha superata da tempo; è giunta l’ora di continuare su questa strada con la naturale conseguenza che l’asticella non può che alzarsi ancora di più.

#9) LIAM GALLAGHER
Why Me? Why Not.
[Warner]
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Accantonate le sonorità  più propriamente rock per far posto ad un gradito e colto ritorno al suffisso pop, il cucciolo dei fratelli Gallagher scala con prepotenza le classifiche nostrane e non, quantomeno quelle radiofoniche, con brani d’impatto come “Shockwave” o con ballad come “One of Us”. Di solito preferisco il fratello grande, ma Liam è davvero in gran forma e la qualità  di quest’album lo dimostra.

#8) BILLIE EILISH
When We All Fall Asleep, Where Do We Go?
[Darkroom/Interscope]
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Debutto di grande vitalità  per l’enfant prodige di Los Angeles che in poco tempo ha convinto tutti, ma proprio tutti. Disco che sembra uscito da una major ma che invece, nella sua grande varietà , nasconde una impronta homemade che segna ancor di più il talento della Eilish. Brani potenti come “Bad Guy” o “You Should See Me in a Crown” si alternano a momenti soffici come “Listen before i go” ed “8”. Ottima la prima.


#7) THE RACONTEURS
Help Us Stranger
[Third Man Records]
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La riconoscibile e strabiliante blues side di Jack White si fa sentire anche in questo terzo lavoro con la sua super band ma, questa volta, l’impronta hard rock prende il sopravvento e l’opener, “Bored and Razed”, mette subito l’accento sul genere. Che disco ragazzi! Se brani come “Don’t Bother me” o “Hey Gyp (Dig The Slowness)” affievoliscono i sensi di colpa dei vecchi fan dei White Stripes, le ballate “Only child” e “Somedays (I don’t feel like trying)”conducono all’irresistibile dimensione di un sound sixties.

#6) THOM YORKE
Anima
[XL Recordings]
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Sonorità  avvolgenti, da lasciare senza fiato. Thom ama stupire e lo fa alla sua maniera, regalandoci ogni volta momenti intrisi di spettacolarità . Nove brani indimenticabili, a partire dai backbeat di “Traffic” ai synth ipnotici di “Twist”, passando dall’inquietudine di “Dawn Chorus” fino alla perfezione nel mood di “Impossible knots”. Grazie, come sempre, Thom.

#5) WALLOWS
Nothing Happens
[Atlantic]
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I Wallows sono un trio di amici, attori e musicisti di Los Angeles composto dai poco più che ventenni Cole Preston, Braeden Lemasters e Dylan Minnette (noto principalmente per il ruolo di Clay Jensen nella serie televisiva Tredici), alla loro prima esperienza nel mercato discografico dopo un primo ep pubblicato lo scorso anno. Lungi dall’essere considerato un prodotto per teenager, il sound è imperniato da brani briosi ed easy-listening che a volte ricordano i Killers, Phoenix altre i White Lies più spensierati. Da segnalare “Remember When” e “Are you bored yet” con l’azzeccatissimo featuring  di Clairo. Nessun dubbio, una gradita e inaspettata novità .

#4) BAT FOR LASHES
Lost Girls
[Awal]
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Non si può non adorare Bat For Lashes,  all’anagrafe Natasha Khan. Con il suo quinto lavoro, l’artista di origini pakistane colpisce nel segno e questa volta con un’audacia spudorata proponendo romantiche sonorità  eighties. Un salto nel passato quindi, quello a tinte rosa della Los Angeles glamour degli anni ’80. Il classico synth-pop dell’epoca si nota fin da subito con il brano d’apertura “Kids in the Dark”. In realtà  tutti i brani, dal primo all’ultimo sono caratterizzati da una loro identità  che a volte ricordano i Cure di Disintegration nella gotica strumentale “Vampires” a volte Kate Bush in “The Hunger” altre Sade in “Peach Sky”. Con questo disco Natasha ha diffuso un concentrato di romanticismo suggestivo ed avvolgente che far venir voglia, perchè no, di andare a rivedere qualche film fantasy di quei meravigliosi anni ’80.

#3) KAREN O & DANGER MOUSE
Lux Prima
[BMG]
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Brian Joseph Burton, in arte Danger Mouse, e Karen O (frontwoman degli Yeah Yeah Yeahs) si uniscono artisticamente per dare alla luce questo album pop intimo e psichedelico dalle mille sfaccettature. Brani intensi ed eterei dove la ricercatezza domina la scena sin dai nove minuti della title track fino ad arrivare all’incantata perla finale “Nox Lumina”, passando per gioiellini quali “Ministry” e “Turn The Light”. Sembra di essere dentro una favola ripercorrendo i quaranta minuti di questo percorso sonoro necessario.

#2) GREET DEATH
New Hell
[Deathwish inc.]
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Quest’album è entrato di prepotenza nella mia top di fine anno! Per quanto mi riguarda, siamo di fronte al manifesto shoegaze del 2019. I tre ragazzi di Flint suonano note potenti e allo stesso tempo arrangiate finemente; ora con “I’m Gonna Hate What You Have Done” tuonando con “inferno di chitarre da scomodare timidamente i The Smashing Pumpkins, ora armonizzando alla perfezione le voci di Gaval e Boyhtari nella ballata acustica “Let it Die”. Pezzo dopo pezzo, i giovanissimi statunitensi spiazzano per la loro incredibile capacità  di creare sonorità  variegate, accompagnate da testi ruvidi ma maturi. Grande, grandissimo disco.

#1) GLEN HANSARD
This Wild Willing
[Anti]
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Quarto album da solista per il cinquantenne musicista irlandese il quale ha solo per un momento accantonato, anche se non del tutto, la matrice folk-rock per dare spazio a nuove sperimentazioni che si riverberano ora con l’uso di elettronica ora con il rock più cantautorale ed intimista, con evidenti contaminazioni derivate dal ventennale passato nei The Frames.
Ebbene, a parer mio, siamo di fronte alla perfezione assoluta, un album imponente che arriva nel profondo dei nostri cuori. “Fool’s Game” è meraviglioso brano che, con il suo melodico refrain, sarà  difficile da dimenticare. Brani come “The Closing Door” e “Don’t Settle”, destinati a diventare milestone, rappresentano la personalità  di Hansard, un artista incredibile che, con questo album, seduce per la sua eleganza e commuove per la sua profondità . Il songwriting non sarà  più lo stesso.