#10) CHARLI XCX
Charli
[Atlantic Records]

Siamo lontani anni luce da “Boom Clap”, ma il sentore è che l’empatia dell’artista britannica verso nuove contaminazioni della scrittura ordinaria, catalizzata da un piglio decisamente più marcato a esplorare oltre quello che riescono a fare i nomi più in vista, sia rimasto invariato e sia cresciuto ancora, a vista d’occhio. “Charli” scandisce a piccoli passi le prossime rotte del future-pop.

#9) BEIRUT  
Gallipoli
[4AD]
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Lavoro rimasto ampiamente dietro le gerarchie, per critica e addetti ai lavori, “Gallipoli” è in realtà  un limpido esempio di contaminazione sonora ritagliata su misura delle possibilità  della forma-ballata, pregna di una composizione sempre alla scoperta. La band capitanata di Zach Condon struttura sapientemente, a partire dai propri punti di forza, un disco che ancora una volta segna lo spirito della world music che definisce il nuovo passo.

#8) MARRACASH
Persona 
[Universal]

La sesta prova del king del rap  Italiano arriva a tre anni di distanza da “Santeria”, colmando un vuoto marchiato a fuoco da cambiamenti personali. Quello di Marracash è concept album che, come suggerisce il riferimento al classico cinematografico di Ingmar Bergman, ci conduce attraverso le paure ed i sentimenti di un’artista di riferimento della sua scena, che torna a ruggire. Un contenitore dei linguaggi più fedeli ai tempi che stiamo vivendo, condito da featuring che ne raccontano la sua corrente evoluzione.

#7) LANA DEL REY
Norman Fucking Rockwell!
[Polydor/Interscope]
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Quando esplose come fenomeno mondiale, agli albori di una decade che con la sua musica ha segnato in maniera importante, Lana del Rey sembrava un prototipo di pop star alternativa che abusava di esercizi di stile out-of-context per guadagnarsi credibilità  e simpatie, per di più in tempi così fintamente e plasticamente sbarazzini, imbottiti dagli sfondi glitterati cui MySpace ci abituava. Ascoltare “Norman Fucking Rockwell” conferma invece quanto sia lecito pensare che quel titolo di autrice affermata, a conti fatti, se lo sia ritagliata a sua immagine e somiglianza, conquistandosi un posto speciale, una volta di più.

#6) SOLANGE  
When I Get Home
[Columbia]

Rinnovare un successo come “A Seat at the Table” significava davvero troppo ma, nonostante per l’astro nascente dell’art-soul pesava già  la responsabilità  di una parentela piuttosto importante, il risultato è ancora una volta sorprendente. “When I get Home” è un album sicuramente più leggero, morbido e spensierato, ma non per questo meno ricco di suggestioni e spunti significativi volti a bissare per Solange un’altra prova di maturità .

#5) THOM YORKE
Anima
[XL Recordings]
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Dopo il successo di “Suspiria”, soundtrack dell’omonima pellicola di Luca Guadagnino, un buildup promozionale costruito sul significato onirico ha destato la curiosità  di tutti: Thom Yorke stava tornando con un lavoro da solista. “Anima” è un lavoro dai tratti superbi, che riflette sul mondo contemporaneo e ne accompagna le gestazioni, in un trait d’union rinnovato tra l’elettronica cameristica e la parte più psichedelica e sperimentale del pop. A completare il quadro di suggestioni, un cortometraggio diretto per Netflix da Paul Thomas Anderson e dedicato al disco ha innalzato ancora il livello della contesa.

#4) KING PRINCESS
Cheap Queen
[Columbia]

A soli 21 anni un astro nascente della nuova istrionica Brooklyn di fine 2010 si è presa la scena con istinto e caparbietà . Mikaela Straus  alias King Princess  mette tutti gli ingredienti al posto giusto nel suo disco d’esordio, definendo la culla di un nuovo modo di intendere il racconto romantico, le relazioni e soprattutto le disparità  di genere.

#3) BILLIE EILISH
When We Fall Asleep Where Do We Go?
[Interscope]
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La ragazza-prodigio che ha segnato il 2019, frantumando ogni record, è destinata a dire ancora molto: “When We Fall Asleep Where Do We Go?” rappresenta il battesimo di fuoco non solo per Billie Eilish come icona del nuovo pop, ma anche per un certo tipo di intendere la cultura ed il concept della musica più destinata ad un pubblico di massa negli anni avvenire.

#2) BON IVER
i,i
[4AD]
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L’autunno di “i,i” chiude una quadrilogia iniziata nel 2008, tra i freddi boschi del Wisconsin, in cui la creatura di Justin Vernon cambiò la traiettoria dell’indie-folk impreziosendolo con sfumature dalle profondità  più disparate. La maturità  artistica dei Bon Iver è ormai totale e avvolgente, capace di esplorare sempre oltre la sua stessa dimensione per creare nuovi spazi di dialogo tra elettronica, alt-rock, indie e cosmic jazz.

#1) FKA TWIGS
Magdalene
[Young Turks]
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Il passo successivo alla retorica stilistica che ha pervaso le venature dell’FKA twigs-pensiero ha avuto pochi, complessissimi ma accattivanti comuni denominatori, durante gli anni. Era lecito, alla seconda prova, chiedersi cosa poteva davvero celarsi dietro quel personaggio, oltre alla forza destrutturante della sua musica e della sua fortissima comunicazione visiva. “MAGDALENE” parla della necessità  di trovare la propria voce attraverso i bisbigli, le parole scontate e soffocate delle altre persone. E ci consegna una versione matura, decisa e possente di twigs: da performer e artista, da songwriter ma, soprattutto, da persona.