Ci vuole, per chi vi scrive, onestà  per parlare di un simile concerto. Onestà  morale e pure realismo.

Iniziamo dicendo che i Dish-Is-Nein sono favolosi dal vivo. C’è da restare senza fiato a vederli. Ammiravo i Disciplinatha, ma, ed ecco l’onestà , posso dire di adorare anche i Dish-Is-Nein, questi Dish-Is-Nein sopratutto, che non sono la stessa band che ho visto dal vivo a Bologna in occasione del Neuropa Festival nell’aprile del 2018. Santini e Parisini ritrovano sulla loro strada Roberta Vicinelli e si fanno compatti, incisivi e diretti come non mai. Non c’è spazio per distrazioni, per “scorribande” al limite del teatrale, no: tutto quello che deve accadere, tutto quello che devono dire arriva dritto al punto, grazie a uno spettacolo di una sensibilità  e di una crudezza che dà  la pelle d’oca. Eppure i protagonisti non sono freddi e distaccati, tutt’altro, sono coinvolti, presenti anima e corpo (forse solo Santini sembra ieratico e beffardo, ma è la maschera dell’ironia avvelenata, la maschera sadica e spietata di chi con un megafono rivela che “Dish-Is-Nein non si sentiva bene…e hanno mandato me!!!” e di chi ci guarda, con un mezzo sorriso sconsolato, ricordandoci che per noi non “c’è futuro”), ed è impossibile non notarlo, perchè il linguaggio del corpo, in uno spettacolo tale va visto e apprezzato. Non sono al buio, no, ci mettono la faccia, come hanno sempre fatto, a dire il vero, quando ci dicono bellamente che stiamo andando al degrado, provocandoci per la nostra ottusità . I Dish-Is-Nein con il loro repertorio presente non hanno rivali. Basi elettroniche chirurgiche, il coro degli alpini che infonde sacralità , Parisini che, come suona la chitarra lui, beh, hai voglia a trovarne uno uguale, una ritmica che spezza le ossa ma che sa anche entrare in spirali dall’animo doom. Ma non c’è solo questo. Il loro concerto offre anche una ripresa di alcuni brani dei Disciplinatha, rivisitati in modo netto o riproposti con una forma simile all’originale: il passato non spaventa, semplicemente perchè parla del presente.

Ecco il realismo.

Andare a un concerto dei Dish-Is-Nein non ti farà  uscire dal locale col sorriso sulle labbra, ti farà  stare anche male, ti farà  sentire stordito, incazzato, arrabbiato, disturbato, forse sconfitto, ma, contro ogni sensazione plastificata e massificata, contro ogni miserrimo alfiere del vuoto Itpop nostrano, ti ricorda che una schiena curva non è detto che sia spezzata, può anche rialzarsi. Ci vogliono i colpi di chitarra secchi e tellurici di Parisini per risvegliarci il cervello atrofizzato dalla retorica imperante? Cazzo si, credete forse che sia un male? Un concerto dei Dish-Is-Nein è l’equivalente, in musica, della prima puntata della prima stagione di Black Mirror, tanto per rendere l’idea della scossa emotiva e nervosa che infonde. Ci siamo capiti vero?

Le scosse punk-hard-rock deraglianti di “Milizia” si mescolano con l’oscurità  liquida e cangiante di “New Dawn Fades”, i bagliori rabbiosi di “Sei Stato Tu A Decidere” si sublimano poi nell’elettronica imbastardita e sonica di “Man Machine” dei Kraftwerk, esecuzione inattesa e magnifica, mentre “Up Patriots to Arms” (con il testo adeguato a mettere in luce miserie attuali e nostrane) è asciutta e spartana. Ti aspetti “Addis Abeba” e invece ti sorprendono i Dish-Is-Nein, perchè arriva, certo, ma in una forma che non ti aspetti. Ci rimani un po’ male. Poi pensi che loro non hanno mai smesso, in tutta la loro carriera anche come Disciplinatha, di sorprenderci, perchè stupirsi quindi?

Milano e Roma sono le prossime tappe di un live perfetto e già  splendidamente rodato (dopo solo un concerto!) che meriterebbe 20 date al mese. Non perdeteli. Fidatevi di noi.