Nella settimana in cui la kermesse sanremese sembra farla da padrone una pausa detox arriva come una benedizione. L’occasione è la data milanese degli Explosions In The Sky.

A vent’anni dal loro debutto sulla scena musicale con “How Strange, Innocence” e con all’attivo sette album in studio, arrivano questa sera, sul palco del Fabrique per la seconda tappa italiana del “20Th Anniversary Tour”.

Gruppi come gli EITS possono rischiare di vivere una sorta di pregiudizio al contrario. Troppo incastonati nell’universo del post-rock, delle chitarre che si intrecciano e rincorrono, delle melodie che spezzano il cuore e restano sospese tra detonazioni e riverberi.

Questo bisogno di etichettare e confinare ogni cosa entro linee precise e conosciute potrebbe far credere ai detrattori a prescindere che la sostanza inequivocabile dei loro dischi non sia replicabile dal vivo e che tutto finisca in meri “Esercizi di stile” con un retrogusto stucchevole e manieristico.

Errore: come ci insegna Queneau, la trama può anche essere la stessa ma la storia può essere riscritta con molteplici variazioni stilistiche; e se per Queneau le variazioni erano “solo” novantanove, per gli EITS potrebbero sfiorare l’infinito.

Non ci sono dubbi, sul palco il quartetto texano riesce a tradurre ed evocare con “mini-sinfonie catartiche” di rara maestria lo spettacolo sfaccettato della Vita.

Munaf Rayani, seguito dai compagni, fa capolino sul palco del Fabrique che sono da poco passate le 21.30. “Buonasera amici come state? Stiamo festeggiando vent’anni che siamo insieme, grazie di essere stati con noi tutto questo tempo, grazie per la vostra passione e il vostro amore. Vi vogliamo bene. Noi siamo, e lo saremo sempre, esplosioni nel cielo”.  Con queste parole, in un italiano più che buono, Munaf introduce le note di “A Song for Our Fathers”.

Il primo brano è lo specchio di quello che succederà  nei novanta minuti successivi: un’intro lenta che piano piano cresce, timidi arpeggi che salgono e sprigionano un’energia nascosta, lasciandola libera di fondersi con il pubblico che è già  rapito.

“Yasmine the Light” e “The Only Moment We Were Alone” coinvolgono i presenti in un viaggio onirico ed emozionale che lascia storditi, senza parole.

Le chitarre penetrano, si intrecciano con il basso e la batteria e  fanno vibrare corde interiori sconosciute. Maestoso il lavoro di effettistica e ingegneria del suono, un congegno perfetto di feedback per collegare tra loro i brani. Nessuna sbavatura, splendidi metronomi dal cuore umano.

Con una scenografia assente e nessun momento di distrazione, lo spettacolo continua con l’esecuzione di undici tracce a ripercorrere in una cavalcata a perdita di fiato la discografia degli EITS: “Greet Death”, “Catastrofe and The Cure”, “Have You Passed Trough This Night?”, “Your Hand in Mine”, “Colors in Space”, “The Birth and Death of the Day”, “Disintegration Anxiety”, “Magic Hours”. I pezzi si fondono in un’unica corrente in cui il suono è un muro liquido che avvolge, fa sognare e dimenticare tutto.

Un gioco degli opposti: schiaffi e carezze,  quiete e rumore, accelerazioni e frenate.

Non solo post-rock, con gli EITS questa sera siamo di fronte ad uno sterminato flusso musicale che vive di vita propria e fluttua con eleganza tra divagazioni classiche, noise, psichedeliche, metal e ambient.

Articolate avventure in note che spazzano via caselle, linee e generi.

Semplicemente Esplosioni nel Cielo.

Meravigliosi.