I Superdownhome sono un duo bresciano formato da Beppe Facchetti ed Enrico Sauda. Le basi del loro sound sono da ricercare nella tradizione rural blues interpretato con un’attitudine raw.
Riceviamo e pubblichiamo con piacere il loro diario di bordo di una trasferta americana che si preannuncia ricca di fascino e suggestioni, non solo muscali…


Gomma

Appena il tempo di riprenderci dal Samantha Fish Cigar Box Guitar Festival e il nostro manager Giancarlo Trenti (Slang Music) ci porta a pranzo con un artista che non conosciamo molto. Svedese di nascita ma residente a New Orleans da molti anni ormai e uno dei cantanti, chitarristi e autori più affermati della città , Anders Osborne ci accoglie in modo cordialissimo. Dopo un pasto tradizionalissimo a base di po’ boys, pesce gatto, tortini di granchio, straccetti di alligatore, ostriche fritte e gumbo, salta fuori che Anders è in città  per qualche giorno e che è pure libero da impegni. Scatta l’idea di entrare in studio e suonare insieme su alcuni nostri brani in lavorazione da tempo… il risultato è che abbiamo registrato una decina di canzoni, buone quasi tutte alla prima take, lo studio è meraviglioso.


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Primo giorno abbacinati dalla bellezza del posto (Esplanade a New Orleans), lavoriamo e cerchiamo di conoscerci e capirci vicendevolmente con i tecnici e con Anders. Secondo giorno ed entriamo nel vivo delle registrazioni e cominciamo a trovare il bandolo della matassa. Alla fine del secondo giorno Henry comincia a mostrare i primi segni di un cedimento fisico dovuti probabilmente ad un mix di eventi: l’aver contratto un virus influenzale, un po’ di stress accumulato pre-partenza e la morte del carissimo zio giusto il giorno prima del volo. Il crollo è immediato.

Il terzo giorno entra in studio con 39 di febbre, registra le parti di chitarra ma non riesce a cantare nulla bloccato da una tracheite fulminante (ah le famose arie condizionate USA!!!). Fatto sta che nel giro di ventiquattrore cede, malatissimo, ad un’influenza che lo terrà  a letto per i successivi quattro giorni mandando in vacca tutti i programmi precedentemente pianificati e cominciando a far vacillare la certezza di poter arrivare a Memphis dove ci attende l’International Blues Challenge (motore primo del nostro viaggio in USA) e poter essere competitivi. Cosa fare? Cerchiamo comunque di sfruttare la situazione.


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In studio è passata gente a trovarci e una di queste persone ha raccontato alcuni aneddoti di vita musicale vissuta. Suonava con Allen Toussaints e racconta che Allen ricordava spesso l’importante essere “to let the stories live“. Frase che mi appunto e che funzionerà  da vademecum per i successivi giorni. Il nostro manager si occupa di Henry e io con Ronnie, fotografo e videomaker, cerchiamo di accumulare materiale per poter raccontare poi qualcosa degli USA, quel luogo quasi favolistico che hai sognato fin da piccolo, quell’immensa landa i cui angoli più incredibili ti fanno dire “io qui ci vorrei vivere“, quelle città  in cui, ad ogni angolo di strada, c’è un artista che ti racconta la sua storia e a cui la iperburocrazia non tarpa giornalmente l’estro creativo, la voglia di esprimersi e vagabondare, quella terra che, come ci racconta Anders, è il posto dove davvero tu puoi diventare quello che sei.


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Non sappiamo dire cosa faremo delle registrazioni perchè i programmi sono parecchio intensi e avremo già  un’altra sorpresa discografica ad aprile. Quindi, per ora le tracce rimangono nel cassetto. Ripartiamo il 27 gennaio alla volta di Clarksdale dove ci attende una data al Bluesberry Cafè, locale gestito da Watermelon Slim. Funzionerà  come banco di prova per sapere come sta messo Henry. Il giorno dopo si parte per Memphis e l’IBC.

Foto di Ronnie Amighetti