Il nostro inverno è allietato da grandi uscite come il nuovo disco dei c+c=maxigross “Deserto”.
Un disco intenso, cantato in italiano, dove la voce, le parole diventano uno strumento da sperimentare, un mezzo di comunicazione. Canzoni come “Armin” o “Bufera” trasportano l’ascoltatore in un cosmo parallelo fatto di   ritmi vorticosi e suoni nuovi. Riuscire a canticchiare le canzoni dei c+c dopo alcuni ascolti, fa apprezzare ancora di più le loro capacità  artistiche e la voglia di lasciarsi andare. Da non perdere “Elementi” e “Ritrovarsi”.
Ecco quindi che in occasione del tour italiano, appena iniziato, abbiamo chiacchierato con il bassista Filippo Brugnoli.

Ciao Filippo, come stai? come stanno i c+c? come sono andate le prime date?

Allora, molto bene diciamo queste date ero un po’m di rodaggio, un po’ per tastare il terreno. Sono state molto interessanti, sia come chimica sul palco sia come risposte dal pubblico. Il concerto è piaciuto molto, sono state delle date di riscaldamento, ma sono state molto molto incoraggianti! Soprattutto perchè quello che stiamo portando in giro adesso è qualcosa di diverso da quanto fatto fin’ora,   non avevamo precedenti per come anche il pubblico avrebbe reagito.

Volevo infatti chiederti come cambiamento c’è stato il passaggio da lingua inglese a lingua italiana,e come la lingua italiana sia stata utilizzata come strumento per le vostre canzoni, come ad esempio in   “Parto dal Mar  ?

beh diciamo sicuramente l’aspetto della lingua come strumento, passare dalla lingua inglese alla lingua madre è partita dalla conoscenza dello strumento. Nel senso che può sembrare un pensiero banalissimo,ma per noi non lo è stato, dire che siamo delle persone prima che degli artisti e musicisti. Come persone,   come artisti e come musicisti noi vogliamo comunicare qualcosa e per comunicare in maniera nel modo migliore è utilizzare quegli strumenti che più ti sono consoni, da qui il voler utilizzare la lingua italiana è lo strumento che meglio ci permette di esprimerci,avere completa dimestichezza con uno strumento. Puoi sperimentare giocare, avere confidenza con una cosa che usi tutti i giorni ti permette di riuscire ad arrivare in profondità  e anche con alcune forme che possono sembrare degli scioglilingua ad esempio. Con la lingua inglese ci saremmo sicuramente  più   impanatati in altre cose meno profonde, come banalmente cercare di dire cose di senso compiuto e onorando una grammatica che non è nostra. La lingua italiana ha aperto anche a questo tipo di sperimentazione qui !

E per le date per Verona per la provincia (circa 30) come sono state?   più semplice farsi ascoltare dal pubblico visto l’italiano?   l’ avete vissuto come ritrovarsi a casa?

Si si, ci siamo ritrovati con la nostra lingua nella nostra città , con “Deserto per Verona” e quindi anche nella nostra comunità  nel senso più stresso. Con le persone più vicine a noi,con gli occhi di oggi pensare ad un “Deserto per Verona” cantato in inglese sarebbe stato paradossale se non ridicolo. Fa tutto parte della stessa volontà  di guardarsi attorno e vedere le cose con i nostri occhi senza cercare di essere colonizzati da altri pensieri, volevamo smettere di fare le cose perchè vanno fatte così.

Invece di ragionare, diciamo, con mente anglofona per andare in giro per tutto il mondo,abbiamo deciso di provare a essere più aperti cantando in italiano, abbiamo provato invece di fare il classico tour estivo italiano, di dedicare l’estate a qualcosa di diverso che fosse qua vicino, c’è molta voglia di rimettersi in gioco a 360 gradi, mettendo in discussione tutti quegli stilemi, fissati ,quelle regole. Non vogliamo essere di quel genere li, che devono suonare in quel modo li che devono suonare in quel luogo li, crescere in questo modo qua…per noi non è più una questione di essere musicisti della scena indie è essere persone con delle necessità . Le nostre necessità  sono esprimerci, portare in giro un messaggio e il modo migliore è suonare insieme e questo è quello che stiamo facendo!

Questo cambiamento e la voglia di portare avanti un messaggio lo si evince anche dalla parte visuale diciamo, dai video dalla copertina del vostro album, l’idea grafica com’è nata?

C’è stato un grande studio, non direttamente  e non solamente fatto da noi perchè per “Deserto” abbiamo cercato di ampliare gli orizzonti e di andare oltre la musica, di provare ad esprimerci attraverso dei testi ma anche delle immagini… sia illustrate sia delle fotografie e per fare questo abbiamo anche coinvolto altre persone come Mattia Pasquali, illustratore, Stefano Bellamoli fotografo e regista che non solo dei cari amici ma sono persone molto competenti e quindi c’è venuto naturale coinvolgerli nel progetto al pari nostro,per provare non solo ad essere un collettivo musicale ma anche un collettivo artistico qualcosa di più ampio. C’è stato un grande  studio dell’immagini, dei video, delle foto approfondendo qualsiasi ambito dal visivo e non solo del musicale . è stato e lo è tuttora un viaggio molto molto stimolante  e speriamo che un domani   possa vedere coinvolte anche altre persone ed espandersi in maniera spontanea e naturale.

Che bello! Quindi idealmente vedremo i c+c coinvolti in   diversi ambiti artistici, dalla musica alle illustrazioni alla fotografia e al video documentario?

Esatto, c’è anche quest’aspetto   del film documentario, che non è stato   come dire una “bandierina” una cosa che si doveva fare, no ! è stato proprio un bisogno spontaneo dopo aver composto la musica,   abbiamo tanto sentito di portare la musica in immagini. Immagini che avessero un senso compiuto assieme alla musica, molto paritario. Non volevamo fare delle immagini al servizio della musica ma che le immagini e la musica si dessero energia a vicenda, un insieme,   e queste immagini più musica creassero un film. Questo film volevamo vederlo assieme al disco e a tutto quanto, e che tutto fosse sinergico e che niente fosse al servizio di qualcos’altro. Proprio tutto naturale e spontaneo.

Quindi mi chiedevo, la pausa dei c+c del 2017 ha avuto un ruolo in questo cambiamento ?

è stata  fondamentale, perchè se tu non ti fermi non riesci a fare due cose: la prima è pensare, la seconda è voltarti indietro e  guardare quello che hai fatto e vedere che cosa ne rimane e che cosa ne sboccia, cosa cogliere. Quindi fermarsi è molto molto importante, noi non lo facevamo da un sacco. Da quando siamo partiti, ormai quasi 10 anni fa, non c’è mai stato uno stacco un periodo di pausa così inteso, come quest’ultimo che abbiamo fatto e quindi è stato più un qualcosa,non ha avuto la valenza di una pausa inteso come “nonfaccioniente”, ma qualcosa molto più potente del fare per assurdo. è stato un tassello fondamentale che ci ha permesso di riflettere di interrogarci, di rivedere il percorso che avevamo fatto, di capire se ci era piaciuto se non ci era piaciuto e gettare le basi di questo disegno molto profondo che stiamo portando avanti adesso,che può sembrare una cosa nuova e che per noi   è solo il punto di arrivo di un percorso lunghissimo non sempre semplice, non sempre positivo per alcuni   momenti anche difficili, ma siamo riusciti ad andare avanti e crescere e quindi sono stati dei periodi di silenzio che pero in realtà  sotto sotto c’era sempre qualcosa che si muoveva…

Adesso cosa succede per i C+C? cosa c’è in programma, qualche progetto internazionale o rimanete in zona?

Allora adesso c’è il tour che inizierà  a breve,quello un po’ più canonico in Italia. Anche qui per come siamo maturati, cambiati in questo periodo l’idea è   di non far durare le cose ad oltranza perchè rischi poi di esserne  assorbito. Quindi, soprattutto perchè abbiamo tantissime idee da metter in campo, l’idea è quella di fare sempre dei progetti che si vadano a collocare in un tempo definito. Quindi adesso c’è il tour italiano, poi stiamo proseguendo il progetto “Deserto per il Veneto” che è stato fatto con gli stessi principi di “Deserto per Verona”; per portare avanti una narrazione alternativa della città  e della regione. Portare agli occhi di chi ha voglia di guardare ed ascoltare delle storie e dei luoghi e delle persone stupende che riempono i nostri territori. Quindi sicuramente porteremo avanti parallelamente al tour nazionale anche “Deserto per il veneto”   e anche li avremmo delle novità !

Poi siamo sempre al lavoro su date speciali, perchè è una cosa che c’è rimasta dentro è costruire una data che sia diversa dal solito, anche qua sempre partendo dalla volontà  di porsi delle domande: come vogliamo che siano i nostri concerti? dove vogliamo che siano ? come dev’essere il rapporto con la gente? chiaramente questo ti fa uscire dal binario principale e quindi non trovi le strutture pronte ad ospitare queste idee, però con tanto lavoro stiamo riuscendo a creare delle situazioni molto speciali; come può esser stata la data di quest’ estate al Labirinto della  Masone...sulla questa falsa riga qui stiamo lavorando a queste date speciali. E poi essendo apertissimi a contaminazioni, il cambiamento e l ‘idea nuova è sempre dietro l’angolo e noi siamo apertissimi e prontissimi a ricevere nuove idee.

Ed ora la mia ultima domanda qual è il posto che preferisci per ascoltare musica?  

Allora il posto che preferisco per ascoltare musica, a costo di sembrare veramente lo-fi   e non una risposta da un musicista o un appassionato di musica, è andando in bici con le cuffie. Perchè è una situazione che mi rilassa e alcuni momenti allungo la strada per riuscire  a restare di più immerso in questa condizione, mi rilasso tantissimo e mi fa proprio dimenticare il tempo, i problemi e qualsiasi cosa.

Grazie mille Filippo, ci si vede al prossimo concerto!