25 Febbraio 2019. Giusto un anno è passato dalla morte di Mark Hollis e io non ho ancora capito quanto il mondo musicale se ne sia reso conto o meno. Sarà  che Mark ha vissuto nel silenzio e nell’oblio per anni facendo perdere le sue tracce, ma non riesco a percepire se l’eredità  dei Talk Talk è considerata qualcosa di prezioso o se il mondo continua a ignorare la band londinese come se mai fosse esistita. “The Party’s Over” del 1982, “It’s my Life” che vide la luce nel 1984, “The Colour of Spring” del 1986, “Spirit of Eden” pubblicato due anni dopo e l’ultimo, “Laughing Stock” del 1991, sono cinque gemme, cinque scrigni che conservano intatti i loro gioielli. La mia Top ten non segue un ordine progressivo ma cronologico. Mi sono attenuto ai miei pezzi preferiti di ogni album.

10 – TALK TALK

1982, dal disco “The Party’s Over”

Pezzo pop raffinato. Il biglietto da visita di Mark Hollis e compagni che sarà  però anche fuorviante rispetto a quello che faranno dopo qualche anno.

9 – ANOTHER WORD

1982, dal disco “The Party’s Over”

La band di Londra non è usa a fare cose scontate, anche in questo caso nulla dà  l’idea di semplice musica da classifica, sebbene qui e là  affiori qualcosa di new romantic tanto in voga all’epoca.

8 – IT’S MY LIFE

1984, dal disco “It’s My Life”
Le cose iniziano a prendere una piega diversa. “It’s My Life” è un album più compatto e il singolo omonimo inizia a mettere sul tavolo la prima delle tante pietre miliari che i Talk Talk ci hanno consegnato.

7 – SUCH A SHAME

1984, dal disco “It’s My Life”

Su questo brano non posso aggiungere nulla. Chi se lo ricorda come pubblicità  della Peugeot 205 ha ottima memoria, ma scarso senso della raffinatezza. Pezzo scintillante con la voce di Mark Hollis in primo piano e basso dalle linee suadenti e maestose.

6 – TOMORROW STARTED

1984, dal disco “It’s My Life”

Avrei dovuto o potuto mettere “Dum Dum Girl”, ma preferisco riscoprire questo piccolo capolavoro cadenzato e sinistro.

6 – LIFE’S WHAT YOU MAKE IT

1986, dal disco “The Colour of Spring”

I Talk Talk stanno cambiando, stanno diventando più aeriformi, inafferrabili. La bellissima copertina preannuncia qualcosa di nuovo e “Life’s what you make it”, pur restando ancorato a trame pop si regge su un non semplice ostinato di piano che ripete ossessivamente quattro note sorretto dalla possente batteria di Lee Harris e dalla chitarra sapiente di David Rhodes. Il tutto incorniciato da un assolo di pianoforte breve ma non di questa terra e un video inquietante e bellissimo.

5 – GIVE IT UP

1986, dal disco “The Colour of Spring”

Ora non esiste nessun vincolo con la Top Ten. “Give it up” si srotola su un duetto di piano/organo e il basso di Paul Webb che sostiene massiccio le evoluzioni vocali di Mark. Pezzo suadente, evocativo, perfetto.

4 – EDEN

1988, dal disco “Spirit of Eden”

La trasformazione è definitivamente compiuta. Il pubblico abbandona la band, rea di essere diventata evanescente, inafferrabile, a tratti jazzata. Semplicemente Mark Hollis e soci stanno salpando per altri lidi, lidi ai quali attraccheranno, anni dopo, Bark Psychosis, Tortoise, God Speed You! Black Emperor e sopratutto Radiohead. Bands alle quali la critica affibbierà  il genere di post rock. “Eden” inizia come un vecchio baule che si apre attraverso dissonanze apparentemente slegate e poi tutto si ricongiunge in un lento crescendo. La melodia è eterea, antica, promettente e formativa. La voce di Mark si regge su note di piano leggere e basse e tutto sublima quando, al minuto 4.45 ci inerpichiamo su un monte nebbioso fino a scorgere un’alba bellissima con trombe, clarini e fagotti di altre epoche. Capolavoro.

3 – INHERITANCE

1988, dal disco “Spirit of Eden”

Lenta, aereiforme, ossessivamente sospesa tra fiati e una batteria scheletrica. Cupa e indefinibile.

2 – ASCENSION DAY

1991, dal disco “Laughing Stock”

Un contrabbasso che si muove mentre cerchiamo di comprendere una qualsivoglia melodia, un tema. Non è possibile. I Talk Talk viaggiano, corrono e noi non li vediamo più. Sperimentale e pulsante con la voce di Mark Hollis che ci lega ancora a qualcosa di compiuto, di terreno.

1 – THE COLOUR OF SPRING

1998, dal disco “Mark Hollis”

Si, non sono i Talk Talk e avrei potuto mettere altri pezzi, ma questo articolo è qui anche per onorare la memoria di un genio. Dopo sette anni di silenzio, le tenebre ci rimandano il primo e unico disco solista di Mark Hollis e il titolo del brano si ricongiunge al suo passato. Un pezzo senza tempo, sospeso su un pianoforte spezzato e pulsante mentre la voce rimbomba facendoci tornare alla mente i vecchi tempi. Mark è questo, colui che lavora col puro suono, lo spezza, lo seziona e ne fa silenzi, ombre, pause e attese. Questo ho imparato dai Talk Talk, la capacità  di fare della musica mettendo in gioco emozioni e rischiando tutto, ma anche il buon gusto di dire ciò che si vuol dire a tempo debito. Obliandosi, se necessario.