Con una nuova raccolti di inediti da promuovereall’altezza della loro fama “underground”, gli Algiers si presentano in uno dei principali club romani portando con sè un alone di intrigante mistero indie-pendente.
La formula musicale meticcia e la poetica tra astrattismo, esistenzialismo, distopia e impegno sociale, hanno reso la compagine in questione uno dei casi artistici di questi ultimi anni.
Personalmente, mi era capitato di vedere la band in azione qualche anno fa in terra iberica: fu una piacevole conferma del talento dei Nostri, anche se erano ancora da calibrare alcune dinamiche live.

Il formidabile “There Is No Year”, che probabilmente sarà  uno degli album of the year, sarà  degnamente rappresentato con 7 delle 15 tracce riproposte dal vivo.
La voce di Franklin James è uno degli aghi della bilancia di un’esibizione che si rivelerà  nel complesso possente e compatta, con picchi di assoluto furore, rotondità  soul e soprattutto asperità  rumoristiche capaci di dilaniare i silenzi più fitti di una mite serata invernale.
Il cantato del frontman in certi momenti è molto più flebile rispetto alle aspettative, impedendo a certi brani di librarsi con agilità .
Quello che sembra un problema del mix (noteremo anche una certa difficoltà  nel percepire frequenze alte e tastiere, inghiottite da distorsioni e bassi), invece sembra proprio derivare da una condizione fisica non del tutto ottimale del buon Franklin.
Tuttavia, questo non impedisce che il compito della band sia portato a termine.

La tracklist dell’ultimo album, che è anche la sua traccia d’apertura, svolgerà  la stessa funzione in questo concerto, spingendoci subito in un turbine di gospel futuristico, madido di olio meccanico e sudore “black”, che tracimerà  nel thrilling ancora più esagitato e insieme più cupo di “Cry of the Martyrs”. La presenza del bravissimo Matt Tong dietro le pelli (colui che impresse nell’esordio dei Bloc Party un’impronta ritmica unica) è uno degli aspetti più positivi ed eccitati del concerto. La batteria è decisamente più saliente e meno “composta” rispetto alle registrazioni ins tudio, oltre ad essere mixata forse anche troppo alta rispetto al resto.

“Dispossession” fa tirare un po’ il fiato dopo l’1-2 immediato di inizio concerto, ma da “Black Eunuch”a “Blood” (entrambe dal primo disco), ci piove addosso una sequela di brani molto impostati su effetti, rumori e ritmiche martellanti, che a volte sembrano prevalere su voce e contenuti. Una prova dal vivo che a leggerla così potrebbe suonare basata sui muscoli, per così dire, ma invece comunque riesce a far trapelare una sofferta autenticità .
“The Underside Of Power” esplode in tutta la sua potenza mezzosangue a metà  concerto, privilegiando le asprezze rispetto alle morbidezze soul, prima della voragine aperta sul nulla di “Hymn Of The Average Man”, dalla quale veniamo recuperati con un altro doppio gancio rappresentato da “Unoccupied” e soprattutto “Void”.

L’ultima parte del concerto si concentra su tonalità  più fosche e intenti più atmosferici. La voce di Franklin si fa un po’ più affilata, il suo declamare più sofferente e malinconico, seppure non riesca mai ad esplodere nelle sue arrampicate soul a pieni polmoni. “Cleveland” e “Hour of The Furnaces” uniscono combattività  e rassegnazione, messe in scena da una band ormai rodata. “Wait For The Sound”, che introduce il dittico del bis, è più dimessa ma anche più inquietante rispetto alla versione in studio, mentre la finale “Death March” (la composizione più bella ed emblematica degli Algiers?) viene aperta da fraseggi blueseggianti di piano elettrico che fungono da introduzione meditativa ad una traccia dal DNA caldissimo.
Mix di alcuni suoni a parte, l’amalgama tra tribalismi marziali e umori soul più il collante dark-industriale riesce comunque a far fare bella figura a uno dei migliori gruppi degli ultimi anni. Rimarrà  il ricordo di un concerto imperfetto, ma denso di acuti memorabili.

Setlist:

There Is No Year
Cry of the Martyrs
Dispossession
Black Eunuch
We Can’t Be Found
Walk Like a Panther
Blood
The Underside of Power
Hymn for an Average Man
Unoccupied
Void
Cleveland
Hour of the Furnaces

Encore:
Wait for the Sound
Death March