Dopo l’interessante “Groove Denied” (leggi la recensione), pubblicato un annetto fa, Stephen Malkmus  pensa bene di tornare con un album totalmente diverso, nel quale il folk rock e la chitarra acustica sono i protagonisti.

Se nell’album precedente Malkmus aveva giocato con il periodo elettronico post punk confezionando un album a tratti sorprendente e divertente, in questo lavoro, come da lui specificato in qualche intervista, ha voluto cimentarsi con una serie di strumenti acustici per realizzare quindi qualcosa di totalmente diverso.

In effetti la distanza di stile tra i due album è notevole, resta la singolare voce dell’artista e una certa riconoscibile attitudine compositiva,   e soprattutto un’ impronta di genuino divertimento nel comporre brani .

Se tiriamo dentro anche “Sparkle Hard” allora ci troviamo di fronte ad una trilogia da affrontare insieme e nella quale  è la sopraffina tecnica di Malkmus,  che in ogni album cambia gran parte dei collaboratori, a spadroneggiare e in un certo senso a dimostrare che esistono artisti la cui qualità  bene si sposa con la loro curiosità  e appunto tecnica.

In questo lavoro  Malkmus si fa affiancare dal tecnico e arrangiatore dei Halfling Studios Chris Funk (The Decemberists) e ospita anche Matt Sweeney (Bonnie “Prince” Billy, Chavez)  alla chitarra.

Tra i brani brilla “Xian Man”, un country che la voce singolare di Malkmus e soprattutto la fantastica chitarra di Matt Sweeney   rende piacevolmente immediato senza essere banale, ma anche il brano di apertura “ACC Kirtan” che sembra confermarci che la dimensione folk psichedelica alimenterà  gran parte dell’album, con la presenza di suggestioni orientali anche grazie alla presenza del musicista afgano Qais Essar.

Così, anche se a volte sembra di ripiombare nel periodo Velvet Underground e alcuni brani sembrano non colpire particolarmente, nel complesso il lavoro ha il fascino dei vinili di altri tempi e la capacità  di farsi ascoltare, sotto alcuni aspetti un’operazione riuscita da parte di un mago capace di tirare fuori bianchi conigli a ripetizione dal proprio cilindro senza, in apparenza, grandi sforzi.

Così “Cash Up” è un gran pezzo che non posso fare a meno di immaginarmelo cantato in una impossibile accoppiata con Lou Reed, cosi come lo è ” Shadowbanned” che nelle scelta ritmica e nell’utilizzazione della strumentazione trova la sua originalità , e anche ” What kind of person ” si fa ascoltare con la presenza importante di un flauto a tracciare una bella melodia.

La canzone che chiude l’album “Juliefuckingette” si differenzia da tutte le altre, con un sound nella parte finale alla Bowie, rappresenta un momento di ripresa per una parte finale dell’album che entusiasma meno.

Di certo non si può dire che sia un album brutto ma allo stesso tempo da Malkmus è legittimo aspettarsi di più,   resta un ascolto a tratti piacevole e un vinile da rimettere sul piatto ogni tanto, ma non troppo spesso.

Credit Foto: Samuel Gehrke