Ricordo bene quando ho recensito il primo album della deliziosa Anna Burch. Il suo indie-pop-folk sapeva essere accattivante e spigliato, con quel piacevole gusto anni ’60 e una bella predilezione per le melodie. Si era portata a casa un 7,5. Lo stesso voto lo do anche in questo caso, notando però il cambio di rotta della fanciulla. “If You’re Dreaming” nasce come album “post-tour”, un disco in cui ritrovare un focus personale dopo quella vita on the road che, ovviamente, cambia usi e costumi personali: ne consegue un cambio anche nel mood dei suoni.

Al primo ascolto il disco sembra leggermente più ostico ripetto al precedente, meno immediato e più onirico verrebbe da dire. Quello che, di primo acchito, spiazza, in realtà  diventa il punto di forza dell’intero lavoro, che più si va avanti con gli ascolti più svela le sue carte e ci conquista, passo dopo passo. Anna Burch dimostra di essere ancora in gradi di scrivere canzoni ariose e delicate come “Not So Bad”, fresca e spensierata come un venticello primaverile, ma, sopratutto nella prima parte dell’album, si respirano profumi più malinconici e inclini a tenere ritmi bassi per una maggiore introspezione: cosa significa auto-isolarsi, come rapportarsi agli altri anche “da lontano”, come gestire i rapporti per trovare comunque una pace personale.

Voce sempre magnifica quella della musicista di Detroit, che scivola magicamente sopra chitarre delicate, spesso ipnotiche, rilassate e volutamente sonnolente (“Jacket”, non a caso è un momento saliente dell’intero lavoro). La sensazione che ci arriva dall’album è quella di un viaggio alla ricerca della serenità  personale e la bravura della Burch è proprio quella di riuscire ad infondere anche a noi ascoltatori queste sensazioni…non è affatto facile.