Quando si parla di cinema e  ci si consiglia un film da vedere mi capita spesso di nominare “A Ghost Story” di David Lowery, un piccolo capolavoro, girato come fosse stata utilizzata una vecchia videocamera, con lunghe inquadrature che congelano il momento e ti lasciano lì, partecipe e spiazzato, una fantastica fotografia fredda e distante, un commovente viaggio nel tempo e nello spazio da percorrere, insieme al fantasma nella vana ricerca del significato dell’esistenza umana attraverso le domande che ci si pone sull’amore, la vita e la morte.

Credo che quando mi ricapiterà  di parlare di musica non potrò fare a meno di consigliare questo quinto lavoro di Mike Hadreas, capolavoro di un artista vero che, nonostante un già  notevole passato, riesce a realizzare un opera che non è solo un insieme di grandi pezzi ma una costruzione orchestrale compressa e complessa dove la melodia si appoggia a completare.

L’album è tecnicamente perfetto, i notevoli arrangiamenti e la voce di Mike Hadreas danno un senso teatrale e a volte sperimentale, ci consegnano un lavoro moderno ma allo stesso già  un classico, donandoci immedesimazione e la sospensione dell’incredulità  tipica di ogni grande opera.

La realizzazione è avvenuta a Los Angeles, con la collaborazione del produttore Blake Mills e la partecipazione di Jim Keltner, Pino Palladino e Matt Chamberlin e del suo compagno Alan Wyffels che e’ anche coautore di qualche brano .

Si inizia benissimo con il brano di apertura “Whole Life”, un leggero cantato che lentamente si appoggia su un scrittura orchestrale nel quale Mike Hadreas descrive, con andamento crescente, il tempo passato, che pesa come una pietra sul proprio futuro, seguito da “Describe” con le chitarre distorte e lontane e un andamento da ballata dolorosa, presentata come singolo e da un video auto diretto.

“Without You” ci riserva una chitarra acustica e preziosi arrangiamenti, mentre la voce si sovrappone in crescendo, seguita da “Jason” impreziosita da un clavicembalo e dove si racconta un incontro sessuale occasionale e decisamente poco romantico,   “..Jason undressed me Lying on his sheets He did not do the same Even his boots were”…on..“, cantato con un voce delicata come fosse una ninna nanna, con una teatralità  che dipinge l’innocenza, un pezzo bellissimo.

Tutto l’album è grandioso e i brani da ricordare sono molti, “On the Floor” è una hit potenziale con i sinth che si avvolgono su se stessi e la chitarra che sembra quasi scomparire, “Nothing at All” è un altro potenziale brano che può incontrare i favore di un’ ampia platea e che ha una costruzione raffinatissima e coraggiosa, la notevole “Some Dreams”,   sull’auto isolamento che spesso ogni artista pone in essere.

Questo è senza dubbio il suo album più ambizioso, nel quale la capacità  compositiva di Mike Hadreas si fonde in modo perfetto con l’uso complesso di strumentazione varia, abilmente combinata dai suoi collaboratori, e nel quale Perfume Genius ne esce nuovamente rigenerato e più forte che mai.

E’ tra i lavori più interessanti e completi che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi tempi, un album per il quale mi sento di poter affermare che avrà  sicuramente un posto importante nella storia di quest’anno di musica e non solo.

Credit Foto: Camille Vivier