La terza stagione della serie co-ideata e interpretata dall’ex-agente speciale dell’esercito Israeliano Lior Raz è la più cupa e dura. E la più riuscita.

Affinate le scene d’azione e asciugata la trama dai fronzoli sentimentali delle vecchie stagioni, rimane soltanto un po’ di ingenuità  nella sceneggiatura ad impedire alla serie il definitivo salto di qualità . Sono funzionali alla narrazione, a creare determinate situazioni, ma alcune scelte stridono un po’. Come quella di far fingere Doron di punto in bianco un esperto di box affinchè si infiltri nella famiglia di Bashar.

Lo sbilanciamento politico verso Israele denotato nelle vecchie stagioni è definitivamente estinto, con gli agenti della terribile squadra bilingue dell’esercito dello stato ritratti nella loro brutalità  e spietatezza.
Il tema della stagione difatti è la nascita di un terrorista palestinese proprio a causa della politica “ad ogni costo” usata dagli israeliani per difendere il proprio territorio.

Chi fosse alla ricerca di azione disimpegnata o, peggio ancora, di un lieto fine si astenga. In “Fauda”, come nelle vere Gaza e West Bank, non c’è luce.