Boetti è un duo toscano dalle idee chiare, che dopo anni di riflessione poetica e ripartenze musicali ha deciso di dare una forma ben precisa alla musica che verrà  attraverso la pubblicazione di “Psicomadre”, il loro singolo d’esordio e primo estratto dell’album che già  non vediamo l’ora di divorare. Pensavamo avessero cose interessanti da dirci, e quindi ci siamo fatti due chiacchiere con Damiano e Meti, che non hanno certo deluso le aspettative.

Boetti, un nome che sembra già  dentro di sè celare la potenza del manifesto: il riferimento immediato non può che essere quello ad Alighiero Boetti, artista visionario e perno centrale del movimento Arte Povera. Ci raccontate un pò la genesi di tale scelta, e quali sono i punti di contatto tra il progetto Boetti e la ricerca visuale del celebre artista?

Nonostante il nostro non voglia essere un omaggio, nè tantomeno un riferimento esplicito, ci sono abbastanza punti in comune tra noi e Alighiero Boetti. Il principale, presente in tutta l’Arte Povera, è la multimedialità , ovvero il servirsi di più “media” espressivi per comunicare. Non realizzava opere su tela ma su tessuti orientali, di qui il riferimento alle origini per metà  persiane di Meti; opere che non rappresentavano immagini ma parole, questo per sottolineare l’importanza quasi totale che ha il testo all’interno delle nostre canzoni. Si firmava “Alighiero E Boetti” per esprimere il dualismo interiore che contemporaneamente lo affliggeva e lo esaltava. E di questa contraddizione-ossimoro noi che siamo entrambi del segno dei Gemelli ne sappiamo qualcosa.

Quanto è importante, oggi, recuperare l’importanza della ricerca artistica, in un mondo che sembra dominato dall’esaltazione di un artigianato spesso emulativo e privo di carattere? La bellezza non richiede attenzione, direbbe qualcuno, ma è anche vero che negli ultimi tempi sembra essersi persa di vista la ricerca del bello.

Bisognerebbe prima riformulare il concetto di ricerca artistica, spogliandolo di quell’aura accademica con cui spesso lo si tende a considerare. Ricerca per noi non è sinonimo di impegno o, peggio ancora, elitarismo, arte di nicchia. Ricerca è curiosità  e contaminazione tra le varie forme d’arte. L’emulazione puoi evitarla solo prestando più attenzione al tuo percorso interiore, al contenuto invece che al contenitore. In questo siamo d’accordo con i greci: “kalòs kai agathòs“. è bello ciò che è buono, quindi ciò che funziona.

Bellezza, una parola complicata, pesante e allo stesso tempo leggerissima, quasi effimera. Che cos’è Bellezza, per Boetti?

Immagina un’esperienza tragica, immagina il dolore, la fragilità  che avverti quando questo ti sembra insormontabile. Immagina poi di riuscire a trasformare miracolosamente quel dolore in una canzone, come una terapia. Come se avessi una bacheca, una collezione di dolori superati e fallimenti a cui sei sopravvissuto da tenere sempre bene in vista per non dimenticare mai chi sei. Questa per noi è la bellezza.

Psicomadre è un brano potente, che sembra parlare ad un’intera generazione di riformati alla leva della vita, ma apre anche lo spiraglio per trovare una rassicurazione nella ricerca di conferme quasi viscerali, materne nel senso più metaforico del termine. Chi e cosa è Psicomadre?

è un’ammissione spontanea di debolezza, una richiesta di protezione rivolta a un’idea astratta di maternità . “Psicomadre” sono tutte le nostre nonne (e con tutte intendiamo “dell’umanità “), le nostre madri e le nostre compagne che ci sostengono e che portano il peso del mondo intero sulle spalle. La società  patriarcale ha i giorni contati ed è davvero drammatico assistere ancora oggi a disparità  di genere che penalizzano la determinazione sociale e professionale delle donne. Sono loro la nostra ultima speranza di salvezza.

Nel riferirvi ad Alighiero Boetti, non si può che pensare all’importanza che ha avuto il fervore artistico di movimenti importanti, capaci di raccogliere le paure e la ricerca di certezze di intere generazioni di artisti e di pubblico. Esiste oggi, secondo voi, un movimento artistico, una vera scena che fotografi l’identità  della nostra, di generazione?

Il bello e il brutto di ogni movimento artistico e, di conseguenza, di ogni generazione è il fatto di riuscire a definirsi solo quando vengono spodestati da un successivo movimento e da una successiva generazione. Analizzare la contemporaneità  è impossibile, perchè nel momento in cui proviamo a farlo è già  diventata passato. Ad ogni modo, più che in un preciso movimento artistico, possiamo dire che la nostra generazione si identifica nel suo particolare modo di comunicare e apparire tramite l’uso della tecnologia. Magari non si tratta più di una “scena musicale”, ma siamo sicuri che tutto questo farà  scuola ai posteri non appena verrà  superato.

Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro di Boetti, vista la partenza potente di Psicomadre?

Tante canzoni fuori dai denti, tanta religione del dolore e nessuna paura di cadere e farsi male.

Lasciateci con un augurio: una promessa che vi sentite di farci, qualcosa che faccia sentire il vostro pubblico sicuro di non essere deluso, in futuro, da Boetti.

Riuniremo la vecchia scena emo, stavolta senza i ciuffi.