Hanno fatto grandi passi in avanti i fratelli D’Innocenzo da “La terra dell’abbastanza” a questo nuovo “Favolacce”, che tra i vari riconoscimenti si è accaparrato il premio per la sceneggiatura all’ultima Berlinale.
Mentre il primo film dei fratelli era una storia lineare di iniziazione alla criminalità, fortemente debitrice sia dell’estetica di Garrone che del realismo di Caligari, “Favolacce” arricchisce lo stile fotografico del duo guardando a Malick e Sorrentino, mentre il piano narrativo si snoda su più personaggi e gioca con un doppio colpo di scena finale. Lo script premiato a Berlino è certamente ben congegnato, per un attimo sciocca anche, ma a conti fatti soffre un pelo di autoreferenzialità e, come sul finale sembrano ammetere gli stessi registi, molte delle invenzioni sono piuttosto fini a se stesse.
La sensazione al termine della visione di “Favolacce” è che i talentuosi D’Innocenzo stiano ancora forgiando il proprio stile, dovessero riuscirci alla terza prova, la rappresentazione cinematografica delle periferie italiane più disagiate e disturbanti potrebbe contare su dei veri e propri maestri.