Il suo quarto album, “All Mirrors“, era uscito appena lo scorso ottobre via Jagjaguwar, ma Angel Olsen ha già  proseguito il suo cammino con un nuovo lavoro, realizzato lo scorso weekend: per questo disco la musicista nativa di St. Louis, Missouri ha momentaneamente abbandonato la sua band e lo ha registrato nell’ottobre 2018 accompagnata solamente dal produttore Michael Harris.

E’ interessante e doveroso parlare del processo di registrazione, avvenuto all’Unknown di Anacortes, Washington (prima delle sessioni di “All Mirrors”): questo studio, di proprietà  di Phil Elverum dei Mount Eerie e del produttore Nicholas Wilbour, era originariamente una chiesa cattolica e Angel ha sfruttato i suoi corridoi per creare degli effetti di eco naturali.

Composto da ben nove (su undici) differenti versioni di canzoni del disco precedente, “Whole New Mess” vede la Olsen depressa dopo la fine di una relazione sentimentale, che ricerca nuove direzioni per il suo nuovo LP: la sua idea è quella di proporre le canzoni in maniera acustica, dove la strumentazione è scarna e lascia spazio per risplendere alla sempre splendida voce della cantautrice statunitense. La soluzione è comunque convincente perchè, vuoi per merito degli effetti vocali di cui parlavamo poco sopra, vuoi per la grande capacità  di Angel di emozionare proprio attraverso i suoi vocals, le sensazioni arrivano dritte al cuore tanto che si puo’ quasi sentire il suo dolore.

Davvero aggraziata, la nuova “Waving, Smiling”, disegnata attraverso un finger-picking incredibilmente leggero, regala momenti di rara intimità , mentre l’altra inedita, la title-track “Whole New Mess”, apre il disco cercando di riscoprire quella malinconia dai toni lo-fi che avevamo già  assaporato nel suo primo album, “Half Way Home”, uscito nell’ormai lontano 2012 e, proprio come questo, registrato in solitaria.

Proseguiamo questo viaggio privato nella vita di Angel attraverso le altre canzoni che già  conosciamo, ma rivisitate in questa veste più spoglia, in cui scopriamo le sue confessioni e le sue lotte: è giusto dunque lasciarsi emozionare dalla tensione di “(We Are All Mirrors)” o dalla toccante “Chance (Forever Love)”, che ci spezza letteralmente il cuore.

Un esperimento azzeccato questo della Olsen che sa descrivere undici momenti di pura intimità  con il solo aiuto della sua chitarra e della sua voce sempre più pura che, aiutata dall’effettistica naturale dello studio, si eleva angelica fin verso il cielo: quarantadue minuti di emozioni dolorose, ma sincere e intense.

Photo Credit: Kylie Coutts