Oggi non è un giorno a caso, ma l’equinozio d’autunno. Il 22 settembre, infatti, è stato volutamente e simbolicamente scelto da Robin Pecknold per pubblicare il quarto lavoro sulla lunga distanza dei Fleet Foxes: dopo mesi di voci che si rincorrevano, solo ventiquattro ore prima è arrivato l’annuncio della sua release.

Registrato prima e durante la quarantena ad Hudson (NY), Parigi, Los Angeles, Long Island City e New York City dal settembre 2018 fino al settembre 2020, il disco è stato prodotto dallo stesso Pecknold con l’aiuto dell’ingegnere del suono Beatriz Artola, che si è anche occupata del mixing: il suo titolo, invece, proviene da una sua esperienza del 2017 in California, quando ““ mentre faceva surf ““ una corrente di ritorno lo aveva spinto lontano dalla costa, facendogli temere il peggio. Proprio il suo approdo in terre sicure lo ha ispirato a realizzare un disco gioioso, in cui il suono dimostrasse la sua felicità  di essere ancora vivo.

Scritto interamente dal musicista nativo dello stato di Washington, “Shore” è stato registrato con l’aiuto di numerosi collaboratori tra cui Kevin Morby, le due figlie di Hamilton Leithauser, Georgiana e Frederika, Uwade Akhere, Daniel Rossen e Chris Bear dei Grizzly Bear e Tim Bernardes.

La opening-track “Wading In Waist-High Water” vede per la prima volta una voce differente al centro del brano, quella di Uwade Akhere, che Robin aveva conosciuto durante i suoi anni alla Columbia University: accompagnati dal coro descritto dalle figlie di Leithauser, i confortanti vocals della ragazza di origini nigeriane sono supportati da una chitarra leggera e dai fantastici fiati che aggiungono una grande raffinatezza alla canzone.

La successiva “Sunblind”, che omaggia Richard Swift, John Prine, David Berman e altri artisti che ci hanno lasciato troppo presto, setta comunque l’umore sul positivo con le sue splendide armonie e gli arrangiamenti densi ed emotivamente toccanti, mentre “Can I Believe You”, magari meno luminosa, è graziata da preziose armonie che sembrano riportarci nella California anni ’60.

Ottima “A Long Way Past The Past” dalle melodie assolutamente pulite e con un continuo intervento di archi e fiati che ne aumentano il già  notevole valore; “Maestranza”, invece, ci sorprende non solo per la sua bellezza, ma anche per il grande e curato lavoro con i ritmi fatto da Pecknold e dai suoi collaboratori, intensi come probabilmente mai in passato.

“Going-To-The-Sun Road”, scritta insieme a Tim Bernardes, ci regala numerose sezioni di fiati davvero emozionanti e, nel finale, si affaccia anche la delicata voce del musicista brasiliano che canta in portoghese.

“Cradling Mother, Cradling Woman” poi si apre con la voce campionata di Brian Wilson (presa da “Don’t Talk (Put Your Head On My Shoulder)” dalle Pet Sound Sessions) e si espande in maniera davvero interessante, cambiando spesso la sua andatura, mentre la composizione viene arricchita da un ricco strato di strumenti.

Forse un po’ lungo (cinquantaquattro minuti) ““ in attesa di un nuovo LP di nove canzoni scritto in collaborazione con gli altri componenti della band e previsto per il 2021 ““ sebbene di buona qualità , “Shore” è un lavoro solido, elegante e soprattutto positivo nel suo umore: un segnale forte da parte di Pecknold in questi tempi dove spesso pare che la speranza sia persa. In sua compagnia sarà  probabilmente più facile superare le prossime fredde e dolorose stagioni che ci aspettano: se il musicista nativo dello stato di Washington voleva scaldarci ancora una volta il cuore con la sua musica, ci è riuscito.

Photo Credit: Emily Johnston