I La’s (e Lee Mavers in particolare) sono la dimostrazione che quasi sempre conta più la qualità  della quantità . E che può bastare un solo album per farti entrare nel mito, come quello omonimo del gruppo di Liverpool uscito il primo ottobre di trent’anni fa.

Potrebbe sembrare un’esagerazione ma se provate a spendere il nome del già  citato leader a un qualsiasi amante e conoscitore della musica inglese, vedrete in lui molto probabilmente un moto di approvazione, o forse di stupore anche solo in fondo nel rievocarlo.

Troppo breve e fulminea la sua parabola, anche controversa se vogliamo, eppure se a distanza di tre decenni siamo qui (giustamente) a celebrare quell’unico disco di inediti della sua creatura, è proprio perchè si tratta di un autentico gioiello, di un compendio scintillante di storia del guitar pop inglese, tra reminiscenze sixties e un innegabile gusto melodico che non può tradire una fiera discendenza dai loro più famosi concittadini, mi riferisco ovviamente ai Beatles.

Per quanto grandioso questo accostamento, sarebbe comunque ingiusto ricordare la parabola dei La’s come meri esecutori di (splendide) intuizioni altrui, perchè Mavers e compagni seppero in realtà  trovare presto un proprio linguaggio, declinandolo sin dalle primissime composizioni.

La line up, dalla fondazione del gruppo giunta per mano di Mike Badger nel 1983, che mollò il colpo pochi anni dopo, vide ruotare sin da subito tantissimi musicisti, assestandosi sul binomio MaversJohn Power nella seconda metà  degli anni ottanta.

E se il loro primo vagito musicale autografo, “Way Out”, pubblicato nel 1987, fece raddrizzare le antenne dei più attenti appassionati di pop autoctono, fu soprattutto con il successivo “There She Goes” che i nostri emersero fragorosamente fino a ottenere il plauso unanime della critica e il successo crescente di pubblico.

D’altronde in poco meno di tre minuti quel brano, divenuto epocale, racchiude tutti gli ingredienti della pop music perfetta: melodia cristallina, un cantato magari non aggraziato ma coinvolgente e dal sentore malinconico, sublimi chitarre jingle jangle e un tema che facilmente poteva essere scambiato per una romantica ode amorosa. In realtà  è noto che Mavers alludesse alla droga, nello specifico alla dipendenza da eroina, ma l’apparato musicale e l’atmosfera di certo non cupa e opprimente non impedirono al singolo di farsi largo nei gusti del pubblico.

A distanza di trent’anni possiamo definire “There She Goes” un classico tout court della storia della musica, ricordata come modello da tanti celebri artisti cresciuti con le canzoni dei La’s e riletta più volte in altre versioni (deliziosa quella ad opera dei Sixpence None the Richer, divenuta una hit a livello internazionale all’inizio del nuovo millennio).

Tuttavia l’album “The La’s” va ascoltato assolutamente dall’inizio alla fine, perchè lungo le dodici tracce, selezionate e calibrate con cura maniacale dallo stesso Mavers (autore di tutti i testi e musiche), non si incontrano punti deboli ed è possibile ancora oggi rimanere stupiti di fronte a un talento così puro ed eclettico, in grado di maneggiare la materia pop ad occhi chiusi, passando da suggestioni rock anni sessanta (con riferimenti a mostri sacri come Who e Kinks, basti ascoltare le trascinanti ed energiche “I Can’t Sleep” e “Freedom Song”) ai frequenti richiami al Mersey beat, per non dire di un brano dalle connotazioni country come “Doledrum”.

Le radici inevitabilmente emergono in superficie in episodi come “Feelin'”, l’iniziale “Son of a Gun”, protagonista assoluta la sei corde acustica, e una frenetica “Failure”, che sembra uscita dalle prime sessioni casalinghe del duo Lennon/Mc Cartney.

C’è poi quell’altra gemma imperdibile, “Timeless Melody”, il cui titolo è tutto un programma e anche se potrebbe sembrarvi un po’ presuntuoso come dichiarazione d’intenti, beh, sappiate che avete ragione, visto che Mavers non era certo, almeno apparentemente, un tipo insicuro sulle sue capacità  di realizzare melodie senza tempo.

Quel tempo ha confermato infine la sua grandezza di songwriter e lo ha fatto assurgere a personaggio di culto, ma chissà  quante altre perle sarebbe stato in grado di regalarci se avesse avuto un approccio più razionale e sano alla forma canzone?

In fondo, se fosse dipeso da lui, anche le stesse canzoni che compongono questo favoloso disco d’esordio magari sarebbero ancora dentro il cassetto, visto che il suo perfezionismo stava di fatto impedendo la riuscita del progetto e mettendo a serio rischio la pubblicazione dell’intero materiale, non fosse intervenuto in modo provvidenziale Steve Lillywhite in fase di produzione.

Sarebbero trascorsi due anni infatti dalla pubblicazione del singolo “There She Goes” all’uscita del primo album, aspramente criticato poi dal suo titolare, fin quasi a rinnegarlo.

Le bizze e i problemi di Mavers avevano messo a repentaglio per sempre lo status della band, che di fatto vedrà  avvicendarsi una girandola di musicisti (a un certo punto entrò in organico alla batteria anche suo fratello Neil), fino alla dipartita nel 1991 del suo sodale più fedele, il già  citato John Power, che nei La’s suonava il basso ma che avrebbe fondato da lì a poco i Cast, nome che seppe imporsi in un primo momento nel nascente britpop.

Rimane quindi questo debut – album un testamento unico del valore e della grandezza dei La’s, al di là  delle numerose compilations uscite nel corso degli anni comprendenti live, demo e b-sides, e di un’estemporanea quanto emozionante e storica reunion per un’esibizione sul palco del Glastonbury Festival nel 2005.

The La’s ““ The La’s
Data di pubblicazione: 1 ottobre 1990
Tracce: 12
Lunghezza: 35:14
Etichetta: Go! Discs
Produttore: Steve Lillywhite

Tracklist
1. Son of a Gun
2. I Can’t Sleep
3. Timeless Melody
4. Liberty Ship
5. There She Goes
6. Doledrum
7. Feelin’
8. Way Out
9. I.O.U.
10. Freedom Song
11. Failure
12. Looking Glass