Il difetto di questo disco? E’ troppo breve. Punto.

Io avrei chiuso così con gli Smokescreens, che non fanno nulla di più nè nulla di meno di quanto ci saremmo aspettati da loro, cosa che non è affatto un male. Anzi, le sorprese in questo caso non sarebbero state gradite. Scrivono ancora magnifiche canzoni jangle-guitar-pop, che si abbevano alla fonte di The Go-Betweens così come alle meraviglie di casa Flying Nun Records. Se poi ci aggiungiamo che a produrre il tutto è arrivato addirittura il mitico David Kilgour dei divini The Clean, beh io credo che davvero spendere altre parole sia superfluo.

Il terzo disco dei ragazzi di Los Angeles scorre così che è una meraviglia, l’orologio ci riporta indietro a un sound che ormai non ha più età , scintillante di melodia e chitarre jangle, solari e vivaci, che ci fanno emozionare. E via di ritornelli dolci come il miele, incastonati in mid-tempo clamorosi, e poi ecco una ballata toccante come “Nighttime Skies”, che sembra uscire dalla dorata penna di Guy Chadwick in veste solista. Quanta bellezza. Ma è tutto così veloce che ci dispiace assai una tempistica così breve.

Morale della favola: applausi meritati, ma non ci basta!!